L’organizzazione era conosciuta e radicata sul territorio. Chi voleva cogliere una opportunità attraverso le aste giudiziarie del tribunale di Castrovillari, sapeva di doversi rivolgere a Giuseppe Andrea Zangaro.

Al lavoro per finta

Il 44enne aveva trasformato nella sua agenzia personale, l’ufficio del Giudice di Pace di Corigliano-Rossano nel quale era stato distaccato dal Comune. E qui bisogna aprire una parentesi sul lavoro svolto dall’impiegato: quando era presente si dedicava alla sua “attività” personale. Ma spesso era assente ingiustificato: durante lo svolgimento delle indagini la Guardia di Finanza ne ha annotato per diverse volte l’allontanamento senza timbrare il cartellino. Per questo l’uomo è stato anche denunciato per truffa.

Organizzazione gerarchica

Aveva messo in piedi una struttura gerarchica da lui diretta con la complicità di Carmine Placonà e Giorgio Alfonso Le Pera, la cui funzione era simile a quello di agenti procacciatori. Placonà, commerciante di agrumi, attraverso una fitta rete di conoscenze e rapporti, reperiva soggetti interessati a partecipare alle aste. Le Pera è anche dottore agronomo e metteva a disposizione il suo studio per individuare fisicamente, sulla base delle indicazioni contenute negli avvisi di vendita, i terreni oggetto delle procedure esecutive.

Professionisti collusi

Gli avvocati Alfonso Cesare Petrone e Luisa Faillace, con studio professionale rispettivamente a Corigliano-Rossano e Castrovillari, titolari di diversi incarichi di custode giudiziario, professionista delegato alle vendite e curatore fallimentare conferiti dal tribunale di Castrovillari, erano i legali di fiducia dell’associazione. Da Zangaro, Placonà e Le Pera, ricevevano l’incarico di istruire le offerte e partecipare, per conto dei clienti dell’organizzazione, alle varie procedure esecutive. Inoltre erano in rapporto con altri professionisti delegati, dai quali ottenevano informazioni riservate in cambio di dazioni di denaro.

La violazione del segreto d'ufficio

Analogo ruolo svolgevano gli avvocati Francesca De Simone e Antonio Policastri, entrambi con studio a Corigliano-Rossano. La De Simone è finita ai domiciliari. Policastri è tra gli indagati. Ci sono poi altri 14 professionisti delegati alla vendita che, secondo la ricostruzione della procura, avrebbero commesso abusi violando il segreto d’ufficio. Si tratta di Carlo Giuseppe Cardile, Giovanni Romano, Antonio Aspirante, Vincenzo Anania, Stefano Gottuso, Rocco Guarino, Alfredo Romanello, Daniela Xausa, Luigina Maria Caruso, Patrizia Stella, Achiropita Arcidiacone, Carlo Plastina, Germano Sciarrotta. Tutti avvocati o commercialisti, per alcuni dei quali, sulla base della gravità indiziaria raccolta, sono scattati gli arresti.

L’origine dell’inchiesta

L’indagine delle fiamme gialle prende il via dalla denuncia presentata dal proprietario di una serie di lotti oggetto di procedura fallimentare e messi all’asta dal professionista delegato Carlo Plastina. Questi aveva chiesto al debitore il versamento di un compenso di ventimila euro, garantendo in cambio che avrebbe scoraggiato ogni altro acquirente, facendo andare deserte le aste, finché il prezzo non fosse sceso al punto da consentire al debitore stesso, per il tramite della figlia, di riacquistare i beni pignorati.

Accordo disatteso

Plastina però sarebbe parzialmente venuto meno all’accordo illecito: dopo aver incassato in più tranche circa 12 mila euro in contanti, ha consentito l’aggiudicazione di uno dei sette lotti disponibili proprio a Giuseppe Andrea Zangaro. Il rapporto confidenziale tra Zangaro e Plastina emerge anche dalle informative riportate in un altro dei 74 capi di imputazione contestati. Nella circostanza specifica, secondo l’accusa, i due ricevono un compenso di diecimila euro da Vincenzo Rotella, anche lui tra gli indagati, per aver favorito l’aggiudicazione in suo favore di un immobile nel comune di Corigliano-Rossano.

Il peso delle informazioni rivelate

Le informazioni illecitamente acquisite consentivano di pilotare le aste secondo convenienza; in caso di assenza di concorrenti si faceva andare deserta la seduta in modo da rideterminare al ribasso il prezzo a base d’asta oppure, se il prezzo era congruo, si offriva il minimo richiesto. Nel caso in cui vi fossero invece altri partecipanti, conoscere l’entità delle altre offerte consentiva di modulare i successivi rilanci. E nel caso in cui si volesse mettere le mani su un lotto a tutti i costi, la concorrenza poteva anche essere scoraggiata con le minacce.

Non comprate quel magazzino

È il caso, tra quelli monitorati dalla guardia di finanza, dell’acquisto di una porzione immobiliare che interessava allo stesso Zangaro. Egli infatti, per il tramite della moglie, aveva già acquistato una unità dell’edificio, del quale era stato poi messo in vendita un altro lotto, relativo ad alcuni magazzini. Il professionista delegato era l’avvocato Carlo Cardile. L’interesse di Zangaro era quello di fare andare deserta la prima asta per ottenere un ribasso del prezzo ed in tal senso si accorda con Cardile. Ed in effetti, non vi sono partecipanti per cui si procede ad una seconda asta alla quale si presenta un altro soggetto interessato. Questi versa la cauzione necessaria ma poi si tira indietro perché dissuaso sia da Zangaro e cha Cardile. La porzione di immobile sarà poi aggiudicata alla moglie ed alla suocera di Zangaro.

 

L'avvocato Livio Fallace non è indagato

L'avvocato Livio Fallace non è indagato nell'operazione White Collar, così come erroneamente indicato in alcune notizie apparse in rete. Si precisa, infatti, che il legale non è stato interessato da alcun tipo di provvedimento e risulta estraneo all'operazione. Per la svista, nella quale siamo incorsi anche noi, ci scusiamo con il diretto interessato e con i lettori.