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«Io non sono cattiva, è che mi disegnano così». Ricordate Jessica, bombastica moglie del coniglio Roger nel film a cartoni animati Chi ha incastrato Roger Rabbit? Suona un po’ così, come la sua celebre frase, la giustificazione che arriva dal Consiglio regionale in merito all’adeguamento all’inflazione dei vitalizi che vengono percepiti da 144 ex consiglieri regionali. Un incremento complessivo di 102mila euro l’anno, pari all’1,1 per cento, al fine di modulare la rendita a vita - che va da un minimo di 2mila a un massimo di circa 8mila euro – in relazione all’aumento dei “prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati generale al netto dei tabacchi”.
Ebbene, il Consiglio regionale ha diramato una nota in cui precisa innanzitutto che «a partire dalla presente legislatura, i consiglieri regionali non percepiscono alcun vitalizio». Cosa risaputa, visto che i vitalizi sono stati aboliti nel 2011 sulla spinta dell’indignazione nazionale e del crescente malcontento amplificato dalla crisi economica, allora nel suo momento più buio. E comunque, quella storica e “coraggiosa” decisione fu presa salvando i vitalizi futuri dei legislatori in carica in quel momento, visto che la nuova disciplina rimandava il taglio alla consiliatura successiva, quella del 2014, cioè quella attuale che scadrà nel 2019.
Dopo aver messo le mani avanti, dunque, il Consiglio regionale affronta la questione del giorno: «Quanto alla questione dei vitalizi degli ex consiglieri regionali, già affrontata sul piano giuridico - si legge nel comunicato -, si evidenzia che essa attiene alla materia dei diritti quesiti (c’è scritto proprio così, sembra un lapsus freudiano ma significa “acquisiti”, ndr), principio di diritto non modificabile dal legislatore regionale». Lo stesso legislatore regionale che quegli stessi aumenti “automatici” li ha decisi con la legge n.3 del 1996, puntualmente richiamata nella determina pubblicata sul Burc n. 37 del 26 marzo scorso, con cui il dirigente del settore Risorse umane dispone l’aumento dei vitalizi. Insomma, delle due l’una: o la legge non serviva sin dall’inizio, oppure così come è stata varata poteva essere modificata, annullando un adeguamento all’inflazione calcolato sui prezzi al consumo per “operai e impiegati” che appare come una beffa per quei calabresi che, loro malgrado, devono guadagnarsi ogni centesimo che portano a casa.
Ma la nota del Consiglio regionale va verso l’infinito e oltre, finendo per accentuare l’effetto Jessica Rabbit. In coda al comunicato, infatti, si salta letteralmente di palo in frasca e si afferma che «in relazione all'obbligo di timbratura dei dipendenti pubblici in servizio presso le strutture speciali, si rileva che tale decisione, che armonizza la gestione del personale pubblico nel rispetto della legge, è divenuta efficace per effetto di una deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, assunta nell'ambito delle politiche di razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica adottate in questa legislatura».
Per chi non ci ha capito granché, bisogna ricordare che nel novembre scorso, dunque ben 5 mesi fa, tra squilli di trombe e rullo di tamburi, il Consiglio regionale introdusse – udite udite – l’uso del badge elettronico per certificare le presenze quotidiane dei dipendenti dislocati presso le strutture speciali dell’Assemblea, lavoratori che da sempre si limitavano a firmare un semplice foglio per certificare entrata e uscita. Una “rivoluzione” che venne accolta da un coro unanime di sfottò e di “Era ora!”.
Insomma, la chiosa finale sembra proprio una foglia di fico. Troppo piccola, vecchia e appassita per coprire la vergogna di un aumento dei vitalizi che sta indignando tutta la Calabria.
Enrico De Girolamo
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