«La visita approfondita non si può fare per mancanza di attrezzature». Si è sentita rispondere così Maria Elisabetta Aloise, madre di una bambina di sei anni, recatasi al Poliambulatorio di Tropea per una “visita oculistica complessiva”, come riportato sulla ricevuta rilasciata dall’Asp di Vibo Valentia dopo il pagamento del ticket.

Peccato che l’esame approfondito si sia ridotto a un “controllo visus”, vale a dire un’osservazione oculare meno capillare del previsto: «Sono rimasta senza parole – ci racconta la donna -. Dopo aver prenotato, pagato e raggiunto i locali dell’Asp, mi sento dire che non si può fare quanto richiesto. Mi chiedo allora che senso abbia permettere la scelta dell’ambulatorio di Tropea se le attrezzature idonee sono altrove. Io abito in zona – prosegue Aloise -, anche se mia figlia era in villeggiatura dai nonni nel Cosentino ed è dovuta tornare ieri proprio per la visita. Ma mi chiedo: se avessi dovuto percorrere decine di chilometri per raggiungere Tropea, chi mi avrebbe rimborsato la benzina e il tempo perduto? È possibile che a pagare debba essere sempre il cittadino e che questa superficialità rimanga impunita?».

Domande legittime che hanno irritato l’utente, rimasta colpita anche dalle condizioni in cui è costretta a operare l’oculista: «Per il visus, unico esame possibile, è stato utilizzato un paio di occhiali riparato con nastro adesivo», ci dice mostrandoci la foto che testimonia l’ennesima umiliazione per la categoria medica perpetrata dalla sanità calabrese.

E a conferma di ciò arriva anche la testimonianza di chi, quelle mortificazioni, le vive quotidianamente: «Ho segnalato più volte all’Azienda sanitaria le condizioni in cui siamo costretti a operare», incalza la dottoressa Anna Maria Carbone che sul referto ha messo nero su bianco proprio quanto segnalatoci: «Esame del fundus non eseguibile per mancanza di strumentazione già richiesta!!!».

Vista la situazione mai risolta, la professionista è stata costretta a ricorrere a strumenti personali: «Per ovviare al problema portavo la lente per il fondo oculare dal mio studio privato, ma a marzo si è rotta e così sono rimasta senza perché, nonostante le ripetute segnalazioni, l’attrezzatura non è mai arrivata».

Da qui l’impossibilità a completare un esame complessivo e il conseguente sconforto dell’operatrice sanitaria: «Mi vergogno a dover dire a un paziente: questo esame non posso farlo. Potrei approfittare della situazione e far venire l’utente nel mio studio privato, ma non sono abituata a comportarmi così», conclude con rammarico.

E la visita alla bambina? «Sarò costretta a fare una nuova prenotazione e a pagare due volte il ticket - spiega la madre -, chiedendo di farla a Vibo Valentia, a quanto pare l’unico ambulatorio dotato di attrezzatura completa. Sempre se l’articolo non smuove un po’ le acque permettendo a noi di restare a Tropea e ai medici di lavorare con dignità».

Dunque, ancora una volta, la speranza per i cittadini sfiduciati è che i media diffondano la notizia, la popolazione si indigni e i dirigenti provvedano a raddrizzare le storture di un sistema incapace di intervenire tempestivamente anche sull’ordinario.