La violenza domestica e il femminicidio stanno raggiungendo proporzioni allarmanti, e le vittime sono finalmente pronte a rompere il silenzio e denunciare pubblicamente i loro carnefici. I dati ministeriali parlano di continuità rispetto agli anni precedenti, nessuna impennata ma tante sono le situazioni non denunciate e quindi non rilevabili.

Le vittime, in molti casi, vivono la sensazione di essere abbandonate a se stesse durante le fasi cruciali delle indagini. Il sistema sembra fragile e incapace di fornire loro la sicurezza di cui hanno disperatamente bisogno. Basta dare uno sguardo al passato per trovare un triste esempio di questa vulnerabilità del sistema. Nel giorno dedicato alla memoria della giovane Fabiana Luzzi, la 16enne brutalmente uccisa e bruciata viva, il nostro network ha raccolto il coraggioso racconto di suo padre, Mario Luzzi. Ha sottolineato come, anche all'epoca, nonostante le denunce presentate, vi fosse una mancanza di garanzie per la sicurezza di Fabiana.

Recentemente, nel rossanese, una donna coraggiosa ha denunciato il suo ex marito, sperando di trovare supporto e protezione nelle istituzioni. Tuttavia, la sua richiesta è stata accolta con un senso di abbandono, ad eccezione dell'intervento provvidenziale della polizia di stato.

Questo episodio ha riaperto una vecchia voragine legislativa e ha spinto le associazioni a prendere una posizione sulle lacune del sistema normativo. Patrizia Straface, presidente dell'associazione "Mani in alto" e avvocato impegnata nella lotta contro la violenza domestica e il bullismo, ha evidenziato la vulnerabilità del sistema durante le prime fasi delle indagini, lasciando spesso le vittime con un senso di insicurezza e mancanza di garanzie. Inoltre, ha sottolineato il problema dell’eccesso di delega da parte dei magistrati nelle fasi topiche d’indagine.