«È una situazione insostenibile, soprattutto per le conseguenze del comportamento di chi potrebbe essere positivo e non lo sa». È un fiume in piena Maria (nome di fantasia), madre di una studentessa del Liceo Capialbi di Vibo Valentia, che dallo scorso 6 novembre è in attesa dei risultati di un tampone eseguito sulla figlia «e almeno su altri cinquanta ragazzi, provenienti da tutta la provincia, che frequentano l’istituto», sottolinea con preoccupazione.

 

Secondo quanto raccontatoci dalla donna, tutto ha avuto inizio nei giorni a cavallo tra il 19 e il 23 ottobre, quando gli studenti sono entrati in contatto con un supplente poi risultato positivo al Sars-Cov2. Una circostanza che ha fatto scattare l’allarme e il conseguente screening per quanti hanno avuto rapporti con il docente: «Il 5 novembre – spiega Maria – siamo stati contattati telefonicamente dall’Asp di Vibo Valentia, che ci ha segnalato il problema invitando mia figlia, asintomatica, a effettuare il tampone al drive-in del Palazzetto dello sport e a restare in quarantena fiduciaria per tre giorni, visto che dal presunto contatto erano già passate due settimane. Il giorno successivo abbiamo provveduto e siamo rimasti in attesa del risultato che oggi, a distanza di tre settimane, non è ancora arrivato. Abbiamo chiamato più volte l’Asp ai numeri indicati sul sito internet, ma non siamo riusciti a parlare con nessuno. Ditemi voi se è normale un abbandono del genere».

 

Presunte negligenze che diventano macigni per tutta la comunità: «Mia figlia non è mai uscita di casa in queste settimane, ma non è detto che gli altri abbiano fatto come lei. Oltretutto se le scuole dovessero riaprire fra qualche giorno, come si pensa di gestire queste mancanze?».

 

Perplessità e domande legittime che necessitano di chiarimenti al più presto. Il ritardo nella consegna dei risultati, pur essendo passati ampiamente i quattordici giorni di quarantena dal contatto del 23 ottobre, tiene infatti in bilico decine di studenti - e forse anche personale docente e non - e le rispettive famiglie, i cui membri, non essendo “primi contatti”, avrebbero proseguito le normali attività quotidiane portando con sé il virus, qualora si fossero infettati tramite i figli asintomatici.

Altra zona d’ombra è l’impossibilità, evidenziata da Maria, di mettersi in contatto con l’Asp, per avere quantomeno indicazioni di massima sul comportamento da seguire.

 

Il ritardo nella processazione dei tamponi è una problematica che colpisce il sistema sanitario calabrese da diverse settimane, tanto che alcune Asp, tra cui Vibo, sono state costrette a spedire i campioni fuori regione. Il recente impiego allo Jazzolino di un nuovo macchinario in grado di analizzare fino a 80 tamponi al giorno avrebbe dovuto allentare la pressione sugli altri centri e snellire le procedure, ma al momento, a quanto pare, i problemi non accennano a diminuire. E una soluzione va trovata al più presto.