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Non c’è pace per il processo nato dall’operazione antimafia denominata “Black money” contro il clan Mancuso in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Una nuova richiesta di rimessione del dibattimento per “legittimo sospetto” ad altra sede diversa dal Tribunale di Vibo Valentia è stata infatti presentata stamane dall’avvocato Francesco Stilo. Anche in questo caso – come una precedente istanza presentata da quasi tutti gli altri legali degli imputati, ad eccezione in quel caso dell’avvocato Stilo, e che è stata già respinta – la richiesta di rimessione, dopo la notifica alle parti interessate, dovrà essere esaminata dalla Corte di Cassazione.
Secondo quanto si apprende, la richiesta di rimessione del processo ad altra sede mette in evidenza la circostanza che un troncone del procedimento “Black money” si fonda pure sulle risultanze investigative dei carabinieri del Ros di Catanzaro nell’ambito dell’indagine “Purgatorio”. Una parte di tale inchiesta dei carabinieri è stata trasmessa per competenza territoriale e funzionale all’autorità giudiziaria di Salerno in quanto coinvolgeva alcuni magistrati all’epoca in servizio nel distretto di Corte d’Appello Catanzaro. Tre dei magistrati coinvolti nell’inchiesta “Purgatorio” sono stati in ogni caso prosciolti in via definitiva con formula ampia da tutte le accuse sia in sede penale che disciplinare, mentre per altri due i procedimenti sono ancora pendenti.
Secondo la difesa rappresentata dall’avvocato Stilo, l’intera inchiesta “Purgatorio”, o almeno il filone inerente i magistrati, avrebbe dovuto essere immediatamente trasferita alla Dda di Salerno per il coordinamento delle indagini appena avuta notizia, dall’ascolto delle intercettazioni, del coinvolgimento di alcuni magistrati. Una parte dell’informativa “Purgatorio” ha poi portato sotto processo gli allora vertici della Squadra Mobile di Vibo, il cui procedimento è ancora in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo in diversa composizione, ma con una richiesta da parte dell’ufficio di Procura distrettuale di Catanzaro di riunirlo al procedimento “Black money”. Richiesta già respinta dal Tribunale di Vibo.
Tale serie di avvenimenti, ed altri ancora, ad avviso dell’avvocato Stilo, già difensore di Antonio Mancuso, sarebbero nel loro complesso da considerarsi alla base della nuova richiesta di rimessione del processo contro il clan Mancuso ad altra sede. La precedente istanza, presentata da altri legali, è stata respinta il 23 dicembre scorso, con un’articolata pronuncia della Cassazione che ha ribadito come il diritto di cronaca sia un bene imprescindibile in ogni democrazia e come ben altri – e diversi dagli articoli di giornale - dovrebbero essere i motivi da porre alla base per presentare con fondatezza un’istanza di rimessione di un processo per ragioni di legittimo sospetto.
Il processo “Black money” ha già registrato la requisitoria del pm Marisa Manzini che ha chiesto 20 condanne per un totale di 219 anni di reclusione. Le udienze per gli interventi dei difensori sono state già calendarizzate.
Queste le richieste di pena: Giovanni Mancuso (29 anni di reclusione), Antonio Mancuso (27 anni), per Agostino Papaianni (28 anni e 6 mesi), per Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” (26 anni e 6 mesi) e per Giuseppe Mancuso (19 anni). Le altre richieste di pena interessano: Gaetano Muscia (14 anni), l’imprenditore Antonino Castagna (12 anni), Damian Fialek (12 anni e 8 mesi), Leonardo Cuppari (12 anni e 6 mesi), l’imprenditore Antonio Prestia (7 anni), l’immobiliarista Antonio Velardo (5 anni). Tre anni di carcere a testa la richiesta di pena per Carmela Lopreste, Giuseppe Papaianni, l’imprenditore Raffaele Corigliano, Ottorino Ciccarelli, l’imprenditore Alberto Caputo, Nicola Castagna, Filippo Mondella. Due anni e 6 mesi, infine per Pantaleone Zoccali e Carmina Mizzitelli. Richiesta di assoluzione per Federico Buccafusca. Associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, usura, estorsione e danneggiamento i reati a vario titolo contestati.
Giuseppe Baglivo