VIDEO | Il professionista stava comunicando la notizia del decesso di un paziente ai familiari quando è stato raggiunto prima da un ceffone, poi colpito con una stampella: «Siamo stanchi»
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«Sto male, è impossibile lavorare in queste condizioni», racconta Maurizio Guastalegname, il medico del reparto di malattie infettive dello Jazzolino di Vibo Valentia brutalmente aggredito da alcuni familiari di un uomo deceduto a causa del Covid. È stato medicato in pronto soccorso e ascoltato dalla polizia tempestivamente intervenuta. Agli agenti ha raccontato l'ennesimo episodio di violenza contro i camici bianchi: «Avevo comunicato la dipartita dell'ottantenne quando ho ricevuto un ceffone da un familiare». Una reazione inaspettata e repentina: «Non mi sono difeso neppure quando sono rientrati con una stampella che si è spezzata». Ha diverse contusioni. È stato colpito in testa, al volto e ad un braccio nel tentativo di schivare i colpi.
«Mi sento male – ammette –, al di là del dolore fisico, ci sentiamo umiliati. È sfiancante soprattutto a livello morale per tutti. In queste condizioni non possiamo continuare a lavorare. Da due anni – ricorda – stiamo combattendo contro un nemico invisibile, il Covid, siamo sotto dimensionati e costretti a doppi turni di lavoro per poi subire anche aggressioni fisiche e verbali. Siamo stanchi di tutto questo. È un fenomeno che va fermato».
Nella stessa stanza, insieme al personale medico e agli agenti della questura, anche Leonardo Niglia, custode dell'obitorio. Ha un braccio fasciato. Aveva raggiunto il reparto per prelevare i documenti del defunto quando alcuni congiunti hanno iniziato a inveire contro il medico. «Ho tentato di fermarli, di frappormi tra loro e il dottore. È stato in quel momento che ho ricevuto un colpo in direzione del volto che ho riparato col braccio».