Cercavano la salvezza e hanno trovato la morte. Inghiottiti durante la traversata nel Mediterraneo. Trentacinque dei 22mila migranti, giunti negli anni al porto di Vibo Marina, non ce l’hanno fatta.  Era il 23 luglio del 2016 quando sulle coste vibonesi giungevano a bordo della nave della marina militare irlandese James Joyce, 600 migranti. In quell’occasione 16 corpi furono ripescati nel Mediterraneo.

Le loro salme sono state sepolte nel cimitero di Bivona. La metà è senza un nome. Sconosciuti.  17 persone che una madre, una sorella o un figlio stanno ancora cercando, forse ignari del tragico destino capitato ai loro cari. Quei fratelli migranti che Libera di Vibo Valentia non ha dimenticato. Questa mattina, infatti, gli attivisti dell’associazione antimafia insieme ad altre associazioni del territorio, si sono ritrovati davanti al cimitero per un momento di riflessione.

Il presidente della Pro loco Enzo De Maria ha elencato i nomi dei migranti morti. Ricordando come altri 17 siano senza identità. «A quelle vite tragicamente spezzate – ha detto De Maria - abbiamo dedicato una targa con la scritta: “Fratello migrante venuto dal mare” che è stata affissa sulla lapide. Il segno tangibile della nostra vicinanza a quelle migliaia di migranti che scappano dalla fame e dalla guerra. E a quelli che non ce l’hanno fatta a raggiungere la salvezza».

«Contro l’indifferenza il nostro impegno, lo slogan che è anche il senso di questa giornata», ha sottolineato l’attivista di Libera Raffaella Barbuto. Presenti tra gli altri il referente di Libera Vibo Giuseppe Borrello e don Peppino Fiorillo.