Quella della malattia mentale è un problema che a Reggio Calabria non si vuole evidentemente affrontare. E lo dimostra il dolore di un uomo di 76 anni affetto da una grave patologia ignorato dalla società e dalle istituzioni. Un uomo letteralmente sequestrato in casa da oltre 4 anni per un ascensore guasto. Esattamente. Benvenuti nel secolo dove l’indifferenza la fa da padrona e dove se sei disabile sei invisibile. Questa è la storia denunciata da Immacolata Cassalia che da moglie non ha inteso tacere e da presidente dell’associazione Unsam da anni ormai si fa portavoce dei disagi e delle sofferenze delle famiglie e dei pazienti psichiatrici.

Questa voglia di combattere per gli ultimi, per chi dalla società viene messo ai margini, è costata cara a Immacolata che di cattiveria in questi anni ne ha subita tanta. Ma non ha abbassato il capo e dopo aver atteso invano un intervento ha deciso di aprirci le porte di casa sua per raccontare cosa suo marito è costretto a subire. Sta cercando di lottare, ma lo fa con grandi difficoltà perché lasciata sola dalle istituzioni. Soprattutto, evidentemente, questa battaglia risulta scomoda per qualcuno, viste le intimidazioni e le aggressioni subite.

«Sì, veramente sono tante le aggressioni, non solo verbali. Mi hanno già bruciato due automobili per questi motivi, cosa che trovo aberrante. Noi non facciamo altro che portare avanti le nostre istanze, le nostre preoccupazioni e i nostri disagi. Questi disagi non riguardano solo i nostri familiari, ma anche noi stessi».

Quali sono questi disagi? Cosa sta denunciando di così scomodo, tanto da essere oggetto di queste intimidazioni?
«Per ora sto denunciando la reclusione di mio marito, che da oltre quattro anni non può uscire di casa a causa di un guasto all’ascensore. In questi anni nessuno si è fatto carico di ripararlo. Negli ultimi tempi ho preso in carico io la situazione, perché vedo quanto mio marito soffra. Ha bisogno di recarsi in un centro di riabilitazione, altrimenti non può sviluppare un linguaggio corretto. Lui ha già patologie gravissime, e la mancanza di un linguaggio adeguato lo esclude completamente anche in ambito familiare».

In quelle note a Reggio come le palazzine ex poste si sta consumando un fatto gravissimo che danneggia una famiglia che oltre a combattere la disabilità deve affrontare il muro di gomma di chi pur potendo ignora un grido di dolore.

«Ho agito con il supporto del mio legale per trovare una soluzione, ma nessuno si prende carico del problema da quattro anni: né l’amministrazione comunale, che gestisce settantotto alloggi in questo stabile, né l’amministratore condominiale. Ci troviamo in una condizione di grave disagio. Sono sei anni che non riceviamo un rendiconto della situazione. Sei anni sono tanti. L’amministrazione comunale dovrebbe riflettere su questo».

Intimidazioni, auto bruciate e una cortina di silenzio come a voler spegnere il dolore di un uomo disabile che da anni non può muoversi da casa neppure per le terapie. E pur prendendosi carico della situazione si è trovata sola ad affrontare una situazione così grave. «Ho presentato PEC e comunicazioni alle politiche sociali, ma inizialmente non ho ricevuto risposte; in seguito, le risposte sono state sterili, senza conseguenze concrete. Ho cercato anche di coinvolgere il patrimonio edilizio comunale, ma non ho trovato personale adeguato e le risposte ricevute sono state evasive e senza seguito».

E nonostante PEC e denunce varie anche le politiche sociali non hanno dato risposte. «Ora ho paura persino di acquistare un’altra auto, perché temo di non poterla usare a lungo. Ma non tanto per me: penso a mio marito, ai suoi bisogni, che sono molti e più importanti dei miei. Anche io, però, ho patologie rare che rendono salire e scendere le scale una vera tortura». La porta di casa l’abbiamo chiusa ma abbiamo aperto un dialogo e la vicenda di questa famiglia è già monitorata dal Comune. In particolare il vicesindaco delegato proprio all’edilizia popolare, ha preso in carico la vicenda con la speranza di poter dare al più presto una risposta e un aiuto a una famiglia già sofferente e messa alla prova in un contesto di disagio e degrado, come raccontano le immagini che fa a pugni con la disabilità. Continua a leggere su IlReggino