«Non siamo animali. Anche noi abbiamo i nostri diritti. Non è che perché siamo zingari e non abbiamo soldi ci possono lasciare vivere tra la fogna e gli insetti». C’è un’ emergenza sanitaria a Melito Porto Salvo, comune della provincia reggina, dove da circa cinquant’anni risiedono alcune famiglie rom nei resti della baraccopoli-ghetto di via Del Fortino. Case fatiscenti, cumuli di immondizia ovunque, una fogna che scarica liquami a cielo aperto, insetti e animali di ogni tipo. Al momento sono sette i nuclei familiari che risiedono lì, alcuni dei quali con dei bambini. I morsi delle pulci sono ben visibili sui loro arti.

Molte famiglie chiedono di andare via 

La maggior parte delle famiglie vuole andar via e hanno richiesto una casa popolare al Comune, altri invece, vogliono continuare a vivere lì ma chiedono che l’ente provveda a bonificare l’area attraverso interventi sulla rete fognaria e soprattutto attraverso una disinfestazione. Accanto al campo rom c’è poi,  uno stabile che negli anni scorsi ospitava il palazzetto dello sport. Nel 2016 è stato sequestrato dalla magistratura  per l’attività illecita di  smaltimento rifiuti, un’attività che ancora oggi continua ad essere svolta e il suo interno si è trasformato in una discarica ed è totalmente infestato dagli insetti. I bambini giocano tra i cumuli di spazzatura. Viene smaltito, sempre illegalmente, anche dell’eternit e tutta la salute della comunità è quindi a rischio. Periodicamente poi, l’immondizia viene bruciata e i fumi tossici raggiungono sia il campo rom che le altre abitazioni del quartiere. Accanto alla baraccopoli, nell’edificio dell’ex Mattatoio,  abitano altri quattro  nuclei familiari, tre dei quali destinatari di un’assegnazione di casa popolare, in condizioni strutturali lievemente migliori , ma che subiscono il degrado del ghetto.

 

Il diritto alla casa spesso negato

Le famiglie sono diventate insofferenti. «Noi per il comune non esistiamo», ci dice una donna mentre ci fa vedere i morsi delle pulci sulle gambe del proprio bimbo di pochi mesi. «Da anni chiediamo degli interventi, ma continuano a lasciarci vivere in queste condizioni. Fanno promesse su  promesse, ma alla fine nella sporcizia eravamo e nella sporcizia continuiamo a stare». Su sette nuclei familiari, due sono quelli che vogliono rimanere nel campo. «Da una vita che abito qui e io non me ne vado- ci dice la signora più anziana della baraccopoli- il sindaco però, deve dare ordine di pulire, si deve mettere una mano sulla coscienza che anche noi siamo cittadini di Melito». Le famiglie infatti, che voglio continuare a vivere nel campo chiedono che il comune effettui una pulizia dell’area e una disinfestazione. Su questo ultimo punto, però l’ente avrebbe le mani legate. Perché da un lato, quello amministrativo-legale, non si può dare via alla disinfestazione perché tutta la baraccopoli è abusiva e andrebbe demolita e dall’altro perché essendoci dei minori il rischio per la salute è molto alto. Ci siamo recati al comune di Melito e il sindaco Giuseppe Meduri ha dichiarato alla nostra testata che il suo obiettivo «è dare una casa a tutte le famiglie del campo entro la fine dell’anno».

Al momento però, c’è una paralisi sull’assegnazione degli alloggi. «L’amministrazione comunale- continua il primo cittadino- vuole risolvere la situazione in modo definitivo e non “a singhiozzo”, come era stato attuato in precedenza, le case ci sono ma sono distribuite sull’intero comune. Non vogliamo creare un ghetto, ma Melito non è solo il centro, ci sono anche le frazioni e quindi nel momento in cui vengono assegnati dei fabbricati, da parte della commissione-alloggi, ha concluso il sindaco, e loro non ci vogliono andare tutto diventa problematico e stona poi con quelli che sono i diritti-doveri».

 

L'appello delle associazioni

L’associazione “un mondo di mondi”, presieduta da Giacomo Marino ha più volte denunciato le criticità del campo rom melitese. Recentemente infatti, è stata la stessa associazione ad informare il comune, attraverso una mail inviata con posta certificata, della gravità delle condizioni igieniche-sanitarie, allegando persino i certificati medici dove erano state refertata le punture di insetto subite da due minori. L’associazione quindi chiede che il Comune provveda in tempi brevi all’assegnazione degli alloggi, così come prevede la legge sull’ “emergenza abitativa”,  ma «non basta solo dare le case- dice Marino alla nostra testata- occorre anche che non si crei un ghetto e che venga effettuata un’equa dislocazione per permettere una vera integrazione. Sono infatti, da evitare soluzioni di concentramento abitativo di più nuclei nello stesso fabbricato, come quella attuata qualche anno fa  in via Mazzini che ha avuto esiti molto negativi . L’equa dislocazione abitativa- ha proseguito il presidente-  dovrà garantire il coinvolgimento delle stesse famiglie e l’assegnazione di alloggi adeguati per l’inclusione sociale».

Nel contempo, la stessa associazione si dice disponibile a supportare le Istituzioni per questa attività e chiede la bonifica dell’area, attraverso la rimozione della spazzatura e anche l’installazione della video-sorveglianza per monitorare, e sanzionare, lo smaltimento illecito dei rifiuti. «La situazione è grave- ha concluso Marino- queste famiglie e i loro bambini non possono più aspettare».