Il progetto di riconversione del Comune aspromontano riaccende i riflettori sul famoso reticolo di cunicoli sotterranei divenuto modello criminale nel mondo e sfruttato anche dai famigerati cartelli del narcotraffico sudamericani (ASCOLTA L'AUDIO)
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Dai latitanti in fuga dai blitz delle forze dell’ordine, ai turisti ordinatamente in fila per l’ultima rassegna; dai laboratori per confezionare e tagliare cocaina, alle sale attrezzate in grado di ospitare mostre, convegni e magari qualche iniziativa antimafia. È ambizioso il progetto dell’amministrazione comunale di Platì che intende riconvertire la città sotto la città, per anni territorio esclusivo dei boss, in un’occasione di rilancio e sviluppo grazie ai finanziamenti, 2,2 milioni di euro, ottenuti con i fondi Cis. Un progetto che vede coinvolta anche l’università Mediterranea di Reggio e che mira a ribaltare la vergogna della città sotterranea.
Platì, i cunicoli
Nascosti sotto i gradini di una scala, occultati sotto gli scaffali di un garage o nell’intercapedine di un finto muro. Persino all’intero di un innocuo forno a legna: sono decine i bunker e le gallerie scavate nella roccia venuti alla luce nel tempo. Covi che nascondono altri covi, cunicoli in grado di fornire vie di fuga e collegamenti con le case degli altri latitanti.
Il “sottosopra” di Platì, negli anni, non si è fatto mancare proprio niente in una sfida ingegneristica che ha fatto del piccolo centro aspromontano un unicum nel panorama criminale mondiale, in anticipo di diversi anni sugli stessi narcos dei cartelli sudamericani con cui le cosche sono in affari da decenni.
E se alcune delle vie di fuga messe in piedi erano poco più che un sistema di tubi in cemento sotterranei che collegavano le case abitate dai latitanti al vecchio impianto fognario e quindi alla fiumara, poco oltre il centro abitato, negli anni le operazioni delle forze dell’ordine hanno consentito di portare alla luce un vero e proprio reticolo di gallerie costruite nel cuore del paese.
La città sotto la città
Nel marzo del 2010, durante un blitz alla ricerca di un esponente del clan Trimboli, i carabinieri scovarono in un garage, nascosto sotto montagne di detriti, una botola meccanica che introduceva ad un locale angusto alto poco più di mezzo metro. Da qui, una nuova entrata su una vera e propria opera di ingegneria mineraria. Scavato otto metri sotto il livello del suolo, il tunnel scoperto dai carabinieri andava giù per oltre 200 metri prima di interrompersi davanti alla roccia che ancora non era stata scavata.
Dotato di un funzionale sistema di aerazione garantito da un tubo di plastica fornito di ventole, e già munito di impianto luci, il tunnel è alto poco meno di due metri e largo circa un metro: comodo e efficace. All’interno della galleria, ancora in costruzione al momento del ritrovamento, tanti segni sui muri a indicare, presumibilmente, i collegamenti con altri bunker nascosti nelle catacombe di Platì.
Un opera a suo modo unica, costruita di nascosto sotto il cuore del paese, da una serie di operai “specializzati” in grado di sfruttare anche parte delle rocce e delle caverne naturali per portare a termine un'impresa che sembra presa da un film.