Temendo di essere intercettati, durante le loro conversazioni telefoniche gli indagati sostituivano il termine droga con altri, come uva, lampadine o bottiglie di vino. In auto, invece, parlavano liberamente
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Avrebbero messo in piedi una vera e propria centrale della droga, grazie a una precisa organizzazione che comprendeva vendita, cessione, distribuzione, commercio, trasporto, consegna, acquisto, ricezione e illecita detenzione di marijuana, hashish e cocaina.
Con queste accuse, questa mattina, le forze dell'ordine hanno tratto in arresto 32 persone, consegnando complessivamente 45 misure cautelari nei territori di Roggiano Gravina, Tarsia, San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese e Acri.
Tra le oltre 400 pagine di ordinanza, si legge di tutto, dalle spedizioni punitive nei confronti di chi non pagava la merce al controllo asfissiante del commercio illecito.
Curioso appare il capitolo dedicato ai nomi con cui gli indagati definivano la droga durante i loro colloqui, con la convinzione di riuscire a depistare ipotetiche indagini a loro carico.
"Uva", "lampadine" e "due favori"
Alcuni degli indagati, scrivono gli investigatori, hanno tentato «di celarsi dietro a un linguaggio criptico ed allusivo, sostituendo il riferimento allo stupefacente con termini di volta in volta diversi».
E, a volte, i termini utilizzati erano del tutto decontestualizzati rispetto alle argomentazioni captate. «Come sempre avviene in questi casi nella pur collaudata catena di comunicazioni criptiche e dissimulate che si susseguono - si legge ancora nei documenti -, si assiste sempre, ad un certo punto, a fratture improvvise nella coerenza e logicità delle espressioni usate, il che dimostra appunto come i protagonisti del dialogo stiano in realtà alludendo ad altro».
I termini finiti nella black list sono: "uva e cinque liti di vino", "trink trink", "due pantaloni", "due giacche", "due camicie", "quelle lampadine", "una bottiglia di vino", "cavetto", "i pezzi della macchina", "mi prendo il caffè", "le birre", "due favori", "valvola", "quei due bracci" e "mattonelle".
Gli indagati parlavano in auto pensando di sfuggire alle microspie
In contrasto alle "precauzioni" assunte durante le conversazioni telefoniche, gli indagati parlavano liberamente nelle loro auto perché convinti di non poter essere intercettati.
Ma è proprio qui, grazie all'uso di microspie, che gli gli esponenti della banda criminale hanno offerto maggiori spunti di indagine agli inquirenti.
Che alla fine sono riusciti a ricostruire i traffici illeciti nel dettaglio e liberare la Valle dell'Esaro dagli oppressori della droga.