Vincenzo Cesareo, oggi in pensione, è indagato dalla procura di Paola per presunti abusi commessi nel pieno della prima ondata di Covid. Avrebbe anche fatto shopping con l'auto fornita per servizio dall'Asp
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La decisione sul possibile rinvio a giudizio di Vincenzo Cesareo, ex direttore sanitario dello spoke Cetraro-Paola, slitta al prossimo 8 marzo. Il gup del tribunale di Paola Alfredo Cosenza, ha emesso un’ordinanza interlocutoria in chi chiede al pubblico ministero di modificare la contestazione dei capi di accusa formulati in relazione al filone di inchiesta relativo alla somministrazione dei vaccini e all’effettuazione dei tamponi molecolari a persone estranee all’ambiante ospedaliero. Questione sollevata dalla difesa di Vincenzo Cesareo. Si tratta dei capi L, N e O della rubrica imputativa.
Gli inquirenti che condussero l’indagine nel 2020, all’epoca contestarono il peculato, cioè quel reato che si configura quando un incaricato del servizio pubblico si appropria di un bene in ragione del suo ufficio. Ma evidentemente il gup ha ritenuto che le contestazione non sia adeguata e pertanto ha fissato una nuova udienza.
In quella occasione, il giudice sarà chiamato a decidere se rinviare (o meno) a giudizio il medico cetrarese anche per il presunto uso improprio dell’auto di servizio di proprietà all’Asp di Cosenza e altri presunti abusi commessi nelle vesti di direttore sanitario.
Caso Cesareo, intercettazioni utilizzabili
Sempre in data odierna, l’avvocato Riccardo Rosa aveva sollevato un’eccezione sull’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate a strascico e riferite a decreti autorizzativi con una contestazione diversa da quella successivamente emersa per altri capi d’imputazione. Il gup Cosenza ha rigettato la questione posta dalla difesa del dottor Cesareo, affermando che i decreti erano riferiti a reati della medesima indole e che comunque nelle richieste di proroga delle intercettazioni già in essere venivano indicati i nuovi elementi probatori successivamente emersi. Vincenzo Cesareo è assistito dagli avvocati Daniela Tribuzio, del foro di Paola, e da Riccardo Rosa, del foro di Castrovillari.
L’inchiesta su Vincenzo Cesareo
Secondo le indagini condotte dalla procura di Paola, l’allora dirigente sanitario dello spoke Cetraro-Paola e dell’ospedale di San Giovanni in Fiore avrebbe autorizzato la somministrazione di quattro vaccini anti-covid a persone estranee all’ambiente ospedaliero, tra cui la propria anziana madre, malata oncologica. Il medico si era difeso sui social parlando di vaccini avanzati dopo la somministrazione a tutto il personale sanitario aderente alla campagna vaccinale di quei giorni.
Gli inquirenti avevano poi annotato che il medico avrebbe autorizzato l’esame del tampone rapido a un’intera squadra di calcio, ribadendo la necessità di mappare tutti i casi Covid per arginare la diffusione del virus. Di qui la famigerata frase intercettata al telefono «il tampone lo facciamo anche ai gatti», che Cesareo non ha mai rinnegato. C’è poi la questione dell’auto di servizio, quella fornita dall’Asp di Cosenza per gli spostamenti tra un ospedale e l’altro, che invece il dirigente, poi sospeso dal suo incarico, avrebbe utilizzato anche per fini personali, come andare a fare la spesa o recarsi a fare shopping.
All’epoca Cesareo spiegò sui social che quell’auto gli era stata affidata in via straordinaria per risparmiare sui costi aziendali anche in virtù dell’emergenza sanitaria in corso. Il medico ha sempre commentato pubblicamente la sua vicenda e anche questa mattina ha scelto di rendere dichiarazioni spontanee ai giudici presenti in aula. Raggiunto al telefono subito dopo l’udienza di oggi, il medico, oggi in pensione, ha detto: «Non ho niente da nascondere, ho semplicemente detto ai giudici quello che dovevo».