E' il 12 agosto scorso, Manuel Cesta, 25enne di Novara, da qualche giorno è in vacanza a San Lauro, frazione di Fagnano Castello, come avviene ormai da 22 anni durante il periodo estivo. I suoi nonni biologici, che da piccolo lo hanno adottato in modo formale diventandone di fatto i genitori, acquistarono una casa lì proprio per consentire al nipotino di respirare aria pura e scongiurare l'asportazione delle adenoidi. Alle 10:10 di quello stesso giorno Manuel manda un messaggio sulla chat di WhatsApp a nonno Gerardo, che lo attende sulla spiaggia di Cetraro: «Con calma mi avvio, aspetto che il grasso si compatti», riferendosi alle operazioni di manutenzione che aveva appena effettuato sulla sua moto, un concentrato di potenza ed elettronica che aveva acquistato dopo mille sacrifici per assecondare la sua passione per i motori. Ma esattamente 20 minuti più tardi, alle 10:30, Manuel ha un incidente in una curva della strada provinciale 283 all'altezza del comune di Guardia Piemontese. La sua moto impatta contro un'auto che viaggia nella direzione opposta. La giovane a bordo dell'auto sviene, quando si riprende è frastornata, vistosamente sotto shock, ma per fortuna se la caverà con qualche giorno di cura. Manuel, invece è cosciente, è disteso a terra, ha una gamba da cui fuoriesce sangue in modo copioso, probabilmente è rotta, si tiene la testa tra le mani e lamenta dolori dappertutto. E alla fine non ce la farà. Alcuni testimoni riferiscono che sia rimasto vivo e cosciente fino all'arrivo dei soccorsi, che però arrivano un'ora e dieci più tardi. L'ambulanza, poi, trasporta il ferito per molti chilometri fino ad Acquappesa, dove l'elicottero è riuscito ad atterrare. Anche qui, secondo nonno Gerardo, si perdono minuti preziosi, perché a pochi metri dal luogo dell'incidente c'è una area che avrebbe potuto ospitare «non uno ma quattro elicotteri».

I soccorsi arrivati dopo oltre un'ora

Le prime auto di passaggio si fermano, gli automobilisti scendono e provano a chiamare i soccorsi, ma in quel tratto, per circa 7 chilometri, non c'è campo. Non solo, non è possibile chiamare nemmeno i numeri di emergenza. E' proprio qui, in questo momento, che per i testimoni volano via i primi minuti preziosi. Poi, finalmente, un giovane entra in un bar e chiede di poter usare il telefono fisso. «Se vi muovete - dice il giovane dopo le reiterate domande degli operatori telefonici del 118 - forse lo trovate ancora vivo». Ma è il 12 agosto in una terra in cui la sanità, da anni, è un concetto astratto, con l'arrivo di centinaia di migliaia di turisti le richieste si moltiplicano ma le ambulanze disponibili rimangono poche e così i sanitari riescono a raggiungere il luogo dell'incidente soltanto alle 11:39. Manuel è provato ma è ancora vivo, viene legato e messo sulla lettiga. L'ambulanza parte in direzione Acquappesa e dovrà affrontare una serie infinita di curve e discese. Poi viene messo su un volo per Cosenza, destinazione ospedale Annunziata, ma quando e come muore ancora nessuno lo sa, perché nonno Gerardo viene avvisato, a decesso già avvenuto, soltanto alle 13:30 e il medico legale non autorizzerà mai l'autopsia. La cartella clinica parla comunque di morte sopraggiunta per un'emorragia interna. Manuel si poteva salvare? Nonno Gerardo è convinto di sì: «Se nel luogo dell'incidente ci fosse stato campo o una colonnina per l'sos, i passanti avrebbero potuto dare l'allarme molto prima. C'è poi la questione legata al ritardo dei soccorsi, un'ora e dieci è un tempo troppo lungo. Manuel si trovava nel bel mezzo di due ospedali, quelli di Cetraro e Paola, in quell'arco di tempo avrebbe potuto essere operato e forse oggi sarebbe ancora vivo». Gerardo Cesta non si dà pace: «A mio avviso, anche la decisione di trasportarlo in ambulanza fino ad Acquappesa ha fatto perdere minuti preziosi per la sua vita. A circa un km dal luogo dell'incidente, c'è un'area molto grande. Non capisco perché l'elicottero non sia atterrato lì».

La petizione popolare

Pur soffocati dal dolore, i nonni-genitori hanno deciso di non rendere vana la morte di Manuel e hanno avviato una petizione popolare per chiedere l'installazione di antenne telefoniche lungo il tratto di strada della sp 283 nel quale è impossibile chiamare. L'annuncio è arrivato con un comunicato inviato dallo studio legale 3A, che in queste settimane assiste e difende la famiglia Cesta. «Ci devo riuscire - ha detto nonno Gerardo - nessun altro deve provare il dolore che stiamo provando noi e poi lo devo non solo a Manuel, ma anche ai tantissimi giovani che su questa strada hanno trovato la morte». Nei prossimi giorni i coniugi Cesta gireranno la Calabria per promuovere l'iniziativa.

La telecamera ritrovata

C'è un alto aspetto oscuro nella vicenda della morte di Manuel Cesta: la sparizione della telecamera posizionata sul casco, poi riconsegnata a seguito di una denuncia. Manuel era stato chiaro, in caso fosse accaduto qualcosa, il dispositivo sarebbe servito a ricostruire la dinamica dell'incidente. Così aveva sempre detto ad amici e parenti. Però il 12 agosto scorso i famigliari non l'hanno trovato tra gli effetti personali raccolti sul posto, né risultava tra gli oggetti in possesso degli inquirenti. In altre parole, la telecamera risultava formalmente sparita. Per questo i suoi nonni avevano lanciato numerosi appelli per ritrovarlo, per chiederne la consegna nel caso qualcuno l'avesse preso. Il 3 settembre si presenta in caserma una donna, la quale, accompagnata da altri due testimoni, dichiara che la telecamera era stata raccolta da un giovane e che quest'ultimo l'aveva consegnata ai sanitari del 118 giunti sul posto. Non sa riferire se chi l'ha presa in consegna fosse un medico o un infermiere, ma ricorda che fosse una donna. A seguito della denuncia, il giorno successivo una persona si presenta dai carabinieri per consegnare la telecamera, i cui nastri avrebbero ripreso gli ultimi istanti di vita di Manuel. Perché il dispositivo elettronico non è stato consegnato nell'immediato? E perché qualcuno lo stava conservando? A queste e altre domande proveranno a rispondere gli investigatori, che ora stanno vagliando le immagini. «Ringrazio le forze dell'ordine - conclude nonno Gerardo - ma anche le tante persone che si sono fermate per prestare soccorso a mio nipote. Ringrazio la donna che ha denunciato l'esistenza della telecamera e anche le tante persone che ci sono state vicino in questo periodo. La mia gratitudine va soprattutto agli abitanti di San Lauro, che si stanno prodigando per alleggerire questo nostro indicibile dolore, collaborando in ogni modo possibile».

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