«O sei mia o di nessun altro». Così mi sento padrone di decidere della tua vita. Di accoltellarti mentre esci dall’università, mentre semplicemente vivi la tua vita senza di me. Inasprire le pene sul femminicidio, parlare e sensibilizzare su un reato ancora oggi in crescita, evidentemente non basta
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Un orrore senza fine che mi costringe a stare qui a fissare un foglio bianco e a vomitare parole che non restituiranno mai la reale rabbia che provo anche questa volta. Aveva solo 22 anni. E solo pochi giorni fa abbiamo parlato con esponenti dell’Arma e Procuratori di femminicidio. Siamo state lì sedute di fronte alle telecamere a snocciolare dati terrificanti cercando di stimolare le donne alla denuncia, unica arma contro la brutalità umana. Aveva solo 22 anni e la sua colpa? Non amare quel 27enne che da 2 anni andava avanti con incessanti attenzioni. Ancora una volta un “amore” non corrisposto si tramuta in sangue.
Una coltellata può mettere fine a quel sentimento distorto e disfunzionale? È possibile che ancora oggi, mentre fior fiori di psichiatri, psicologi, psicoterapeuti ma anche criminologi, diventano virali sui social raccontando la verità sulla gestione dei nostri sentimenti, c’è ancora chi crede che togliere la vita possa soddisfare quella sete di possesso? Sì, perché di questo si tratta.
«O sei mia o di nessun altro».
Così mi sento padrone di decidere della tua vita. Di accoltellarti mentre esci dall’università, mentre semplicemente vivi la tua vita senza di me. Inasprire le pene sul femminicidio, parlare e sensibilizzare su un reato ancora oggi in crescita, evidentemente non basta. È dell’animo umano che dobbiamo tornare a prenderci cura perché è evidente che qualcosa non sta più funzionando da tempo.
Una tragedia senza fine. Una, nessuna e centomila. E anche questa volta, dopo Giulia, tra qualche settimana dimenticheremo anche Sara. Fa schifo, ma è così. Lo sappiamo tutti perché viviamo ogni morte come se fosse lontana da noi. E non ci rendiamo conto di quanto ci stiamo sbagliando.
Sara domani potrei essere io, una mia amica, mia sorella, Sara domani potresti essere tu. E non esiste alcuna motivazione per cui girarsi dall’altra parte e fare finta di nulla sia giustificabile. L’orrore senza fine nei confronti delle donne non può essere più tollerato. Nessun uomo o, peggio ancora, ragazzo può più arrivare a pensare che una donna «sia cosa sua» tanto da decidere se possa vivere o debba morire. Nessuno può più restare in silenzio di fronte a quei reati sentinella che sanno tanto di stalking ma che puntualmente non vengono denunciati.
Una ragazza può anche non avere o trovare la forza di denunciare ma chiunque può farlo salvandola dal suo aguzzino che si cela sotto l’ombra di un amore malato.
Dovremmo insegnare l’amore, quello che fa rima con bellezza e non con morte. Quell’amore platonico che mette il bene dell’altro sopra ogni cosa. Quell’amore che sa di libertà, soprattutto quella di scelta.
Libere di non corrispondere senza avere paura di un coltello puntato al collo. Libere di amare chi ci pare senza essere uccise. Libere di essere donne in un mondo che non terrorizza le donne.
Dovremmo insegnare agli uomini a riscoprirsi forti senza la violenza, a lasciare andare quando non sono all’altezza, a curarsi le ferite dell’amore quando non corrisposto. Dovremmo insegnare che nessuno ha diritto sulla vita degli altri, che la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro. E che sono libera di dire no, basta senza essere uccisa.
Solo la settimana scorsa abbiamo parlato, nuovamente, di violenza di branco, di una ragazzina succube e violentata per anni. Orrore su orrore.
A che serve, dunque, celebrare giornate contro la violenza sulle donne se non denunciamo quando una nostra amica o parente è perseguitata? A cosa serve inasprire le pene se non educhiamo al rispetto della libertà altrui? A cosa serve parlare d’amore se non conosciamo le insidie e le trappole dell’amore?
Oggi sono ancora qui, nel 2025, a parlare dell’ennesima ragazza morta senza un motivo e mi domando per quanto ancora dovrò assistere a questa macelleria sociale prima che le cose cambino davvero. Io provo a fare la mia parte perché inerte non so e non voglio stare. Voglio sperare ancora che cambiare sia possibile e che posso fare parte di quel cambiamento.
Tu, non sottovalutare alcun segnale.
Tu, se non riesci a sentirti libera e amata come meriti, se chi dice di amarti ti ossessiona, peggio ancora, ti fa del male.
Tu, non sei sola. CHIEDIMI AIUTO.