«Bisogna evitare di allestire l’ennesimo villaggio di “mala muerte”. Quello che serve ai migranti e che aiuterà anche San Ferdinando, è un progetto che miri principalmente alla sostenibilità nel tempo. Da questo assunto non ci possiamo muovere, il nostro progetto deve potere stare in piedi con le sue forze anche dopo l’investimento. A costo di rimandare indietro i soldi del finanziamento». Gianluca Gaetano, sindaco del piccolo centro pianigino che si è ritrovato sul groppone la grana della tendopoli in seguito alla rivolta di Rosarno del 2010, ha le idee chiare rispetto al futuro di quel buco nero sociale e amministrativo in cui durante le stagioni della raccolta finiscono per rifugiarsi centinaia di migranti (tutti, o quasi, con i documenti in regola per rimanere a lavorare sul territorio italiano).

L’idea è quasi banale nella sua semplicità e punta, grazie ad un finanziamento sostanzioso di 4,73 milioni di euro garantiti dal Pnnr, a invertire la prospettiva con cui si guarda al problema: basta alle soluzioni provvisorie che finiscono per degenerare in fretta diventando, come nel caso della tendopoli alle spalle del porto, vere e proprie favelas in cui si perde ogni brandello di dignità umana. Il nuovo corso (il cui iter realizzativo dovrebbe partire tra pochi giorni con la firma per la convenzione) prevede infatti che i moduli abitativi di nuova costruzione e destinati ad accogliere poco meno di 180 persone siano inseriti all’interno di una vera e propria azienda agricola che, generando denaro in un contesto di filiera etica che garantisca la dignità e i diritti dei lavoratori, consenta alla cooperativa che la gestirà, di coprire le spese per il suo auto sostentamento. Una sorta di rivoluzione copernicana se si pensa ai fallimentari (e costosissimi) tentativi di tamponare l’emergenza che, finora, sono miseramente implosi su se stessi.

Il progetto

«La disponibilità di una vera e propria azienda agricola annessa all’ostello solidale – si legge nel progetto ormai in rampa di lancio – si configura come un’opportunità unica per promuovere l’autoimpiego, per consentire ai lavoratori di specializzarsi in mansioni maggiormente professionalizzate e per trasformare un sito abitativo da centro di costo a generatore di valore». L’area in cui dovrebbe sorgere le unità abitative (44 strutture interamente in legno, arredate e ognuna capace di ospitare 4 persone per un totale di 176 posti letto) con annessa azienda agricola è già stata individuata dal Comune: si tratta di una società già avviata verso il fallimento che si occupava di un allevamento ovicolo su un’area di circa tre ettari a cui si andranno ad aggiungere un paio di terreni agricoli confiscati alla criminalità organizzata. Il progetto – parallelo ad analoghe iniziative che hanno coinvolto anche i comuni di Rosarno e Taurianova ma non quello di Gioia Tauro – punta poi al miglioramento delle condizioni dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie «per spezzare il legame che li incatena ai caporali e che si basa sul controllo dei servizi di trasporto, di accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici» da realizzare attraverso «una rete di trasporti e di informazione capillare e reattiva sul territorio offrendo la possibilità di scegliere servizi pubblici garantiti che attraverso il grande investimento sulla presenza dei mediatori interculturali si qualificano come accessibili ai cittadini stranieri».

La scommessa

Una scommessa importante, che si basa sull’inversione di un paradigma emergenziale che finora ha portato solo alla creazione di uno slum in cui dignità e umanità si perdono sotto cumuli di immondizia dati periodicamente alle fiamme. Una scommessa su cui il primo cittadino di San Ferdinando conta tanto e che potrebbe essere operativo tra meno di due anni: «Fino ad allora non possiamo fare altro che tirare a campare – dice sconsolato a Lacnews24 il sindaco Gaetano – Siamo seduti su una bomba a tempo, ne siamo consapevoli. Ma siamo sicuri di avere trovato la strada giusta per tirarci fuori da questa situazione».