È il primo anniversario della morte del vigile del fuoco calabrese, morto insieme ad altri due colleghi in un incendio doloso nell’Alessandrino
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«Questi per noi sono i giorni più difficili». Con queste parole i genitori di Nino Candido spiegano il loro stato d’animo. Prima la commemorazione dei defunti ieri e poi, il 5 novembre, il primo triste anniversario della morte del figlio, uno dei tre vigili del fuoco uccisi dalla follia dei coniugi Vincenti, a Quargnento in provincia di Alessandria, proprio lo scorso anno.
Un anno senza Nino Candido
Non sentire più la sua voce, non essere riusciti a salutarlo. Per i genitori la perdita di un figlio, soprattutto in quelle drammatiche circostanze, è una ferita che smette solo per qualche istante di sanguinare. È un dolore vivo. Lo stesso della moglie Elena, sposata da poco. Un sogno spento e tante famiglie distrutte. Sono successe tante cose in questo anno. La forza che hanno avuto i due coniugi di tornare a casa di Nino, ad Alessandria, di conoscere e salutare chi lì al giovane pompiere aveva imparato in poco tempo a volere bene, i suoi colleghi, i luoghi che al momento dell’assegnazione di Nino erano stati portatori di gioi e di speranza per il futuro.
Il ricordo di Reggio Calabria
E poi il ricordo della sua Reggio. La strada da intitolare a Nino. «Il tratto più indicato – racconta la mamma, Mariastella – è la parte del viale Europa che dalla prima rotonda porta fino alla caserma dei vigili del fuoco». La visita al cimitero di Condera ieri, alla cappella dei vigili del fuoco, vicino all’ossario. Il luogo che ha accolto le spoglie del giovane. «Un monumento che non conoscevo prima della morte di mio figlio, voluto da un vigile del fuoco di Palermo», spiega ancora.
Un ricordo che si rinnova, ad un anno dalla strage giorno 5 novembre, nella sala “Giuditta Levato” di palazzo Campanella, quando sarà consegnato un riconoscimento alla memoria del giovane vigile del fuoco, morto nell’esplosione dolosa di una cascina insieme ai colleghi Marco Triches e Matteo Gastaldo. Ad un anno dalla prematura scomparsa, il Consiglio Regionale vuole ricordare il valore, la professionalità e lo spirito di servizio di un prezioso figlio di Reggio Calabria ucciso dalla bieca avidità umana. Alle 11 invece ci sarà la messa solenne, nella chiesa dell’Itria.
Il processo
E l’inizio del processo. Anche qui non mancano gli intoppi, giusto per dare una spinta ulteriore a quel dolore che cerca invece solo risposte. L’11 settembre era la data fissata per l’inizio del processo. Ma non tutto è andato come previsto: la Corte costituzionale ha rinviato d’ufficio a novembre il suo pronunciamento circa l’incostituzionalità o meno della norma introdotta lo scorso anno, secondo la quale non si può ricorrere al rito abbreviato in quei processi dove è prevista la pena dell’ergastolo. Ad appellarsi alla Consulta erano stati alcuni avvocati di La Spezia e in attesa della decisione anche il tribunale di Alessandria alcune settimane fa, aveva deciso di far slittare al 16 ottobre il processo a carico di Giovanni Vincenti e Antonella Patrucco, chiamati a rispondere di omicidio doloso plurimo per la strage di Quargnento. Una decisione che slitterà per la Consulta al 18 novembre 2020.
Che cosa accadrà dopo? Nel caso in cui, in merito alla costituzionalità della legge che esclude il giudizio abbreviato per chi deve rispondere di reati per i quali è previsto l’ergastolo, la questione di legittimità dovesse essere respinta si procederà con il rito ordinario, altrimenti si avvierà il rito abbreviato.
Nel corso dell’udienza del 16 ottobre davanti alla Corte d’Assise, è stato stilato un calendario delle prossime udienze. La prima il 14 dicembre, poi il 21 dicembre. Le altre l’ 11, il 25 gennaio e l’8 febbraio. Ma il 21 dicembre è una data particolare per la famiglia Candido. «È il compleanno di Nino, quando ho letto la previsione dell’udienza proprio per quel giorno sono stata male. Se dovesse essere spostata al 21 dicembre per noi sarò ancora tutto più doloroso».
Le motivazioni del gup nel primo processo
Un altro fatto doloroso è quello verificatosi pochi giorni fa, Il vigile del fuoco Giuliano Dodedo, rimasto ferito nello scoppio della villa, «nella sua qualità di caposquadra, ha impartito una disposizione che appare esser connotata da una certa imprudenza». Così scrive il gup Paolo Bargero nelle motivazioni della sentenza del primo processo che, lo scorso 23 luglio, ha condannato i coniugi a 4 anni per crollo doloso, truffa e lesioni.
Una motivazione che ha addolorato profondamente il caposquadra. «Lo avevamo conosciuto quest’estate, è una persona che porta addosso un peso non indifferente. Ci ha telefonato il giorno dopo le motivazioni del gup– spiega la mamma di Nino – abbiamo cercato di incoraggiarlo, spiegandoli che non deve farsi scrupoli per il suo comportamento. L’ordine l’ha dato mentre era in prima linea insieme ai ragazzi (era rimasto anche ferito, nds), eri con loro, non su una poltrona d’ufficio».