Le manette sono scattate ai polsi di Salvatore Aldobrandi, originario San Sosti nel Cosentino ma residente in Liguria dove lavorava ancora come piazzaiolo. Il provvedimento deciso dalla Procura di Imperia: «Ci sono prove schiaccianti»
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Salvatore Aldobrandi, 73enne originario di San Sosti in provincia di Cosenza è stato arrestato e portato in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e la soppressione di cadavere di Sargonia Dankha, 21enne irachena, naturalizzata svedese, sparita il 13 novembre 1995 a Linkoping. L'uomo, che si faceva chiamare Samuele, lavorava ancora come pizzaiolo a Sanremo, nonostante l'età e i problemi cardiaci.
La svolta a questo cold case l'ha impressa la Procura d'Imperia con il procuratore capo Alberto Lari e i sostituti Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi. L'uomo è in attesa dell'interrogatorio di garanzia. Quando ha ricevuto la 'visita' degli uomini della polizia giudiziaria ha detto loro: «Me lo aspettavo, ma sono innocente». Aldobrandi, si era trasferito a Sanremo nel gennaio 1996, dopo alcuni mesi trascorsi in carcere in Svezia, dove era stato accusato di aver ucciso la giovane compagna dell'epoca, ma dove non venne processato perché in Svezia in assenza di cadavere non si può arrivare a giudizio. Ma la tenacia della famiglia, che si è affidata a un legale milanese, ha fatto riaprire il caso in Italia e dopo mesi di indagini la procura di Imperia è arrivata a una svolta. L'uomo ha nominato un difensore di fiducia, l'avvocato Andrea Rovere: il legale che non conosce Aldobrandi lo incontrerà domani.
Il pizzaiolo italiano allora aveva 45 anni ed aveva una relazione con la ragazza che voleva rompere quel rapporto. Per il sostituto Marrali siamo in presenza di «un femminicidio ante litteram». Ad essere convinti che ad aver ucciso Sargonia Dankha fosse stato il fidanzato, erano convinti non solo gli investigatori svedesi, ma anche il fratello della ragazza, che nel dicembre 2016, nel corso di una trasmissione televisiva sul caso trasmessa in Svezia, aveva dichiarato di essere «molto deluso. Non capisco, con tutte le prove che ci sono, come si possa lasciare libera quella persona». Nella stessa trasmissione, anche il capo della sezione investigativa della polizia del posto, Jan Staaf, aveva detto: «Sappiamo che quella era la strada giusta».
Negli anni la famiglia anche con l'aiuto di un investigatore ha continuato a cercare nuovi indizi per incastrare l'ex compagno, che all'epoca gestiva un ristorante proprio a Linköping. Nel corso delle indagini, i poliziotti svedesi trovarono anche sangue e capelli della donna nel bagagliaio di una Ford Escort rossa in uso a Aldobrandi. Nel 2002, i detective svedesi annunciarono che, secondo quanto emerso dalle indagini, il presunto assassino aveva dei complici, persone che lo hanno aiutato a far sparire il copro, molto probabilmente in una discarica. Ora la procura d'Imperia dice «le prove contro Aldobrandi sono schiaccianti».