Ucciso per una lite nata da futili motivi, dal rumore di un quad che si aggirava all’interno del campo rom. Una lite a cui avrebbe partecipato un numero imprecisato di persone, solo venti al momento quelle identificate, e in cui l’assassino, il trentenne Salvatore Amato, ad un certo punto avrebbe deciso di partecipare portando un fucile a canne mozze che aveva nascosto nella cavità di un albero, per prendere le difese del fratello che in quel momento stava avendo la peggio. A rimetterci la vita, invece, è stato Luigi Berlingieri che in quella rissa era intervenuto per sedare gli animi. Per Amato è scattato il fermo per omicidio, porto abusivo di arma e ricettazione della stessa arma.


Ma per ricostruire quanto accaduto gli inquirenti hanno dovuto faticare non poco anche se per consegnare il killer alla giustizia ci sono volute meno di 48 ore. Durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi in commissariato a Lamezia, il procuratore Salvatore Curcio e il dirigente Marco Chiacchiera lo hanno sottolineato più volte. La cosa più difficile è stata penetrare quella cortina di omertà che impediva perfino ai parenti della vittima di raccontare quanto avevano visto. Intanto l’omicida aveva fatto perdere immediatamente le proprie tracce, aiutato dal fratello Massimiliano Amato che dovrà rispondere di favoreggiamento.


Gli uomini della Polizia di Stato lo hanno trovato a casa di una zia nel quartiere Ciampa, un coagulo di case popolari abitate quasi totalmente da famiglie di etnia rom. Oggi verrà depositata la richiesta di convalida del fermo su cui il giudice dovrebbe pronunciarsi lunedì.