Il fermo di indiziato di delitto a carico di Antonio Pontoriero, 43enne commerciante di laterizi, è scattato sulla base di solidi e comprovati elementi di colpevolezza in relazione all’omicidio di Soumaila Sacko, 30enne del Mali, ucciso da un colpo di fucile a pallettoni la sera del 2 giugno all’ex fornace “La tranquilla” di San Calogero. I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, in particolare della Compagnia di Tropea e della Stazione di San Calogero, con il prezioso supporto dei colleghi del Gruppo di Gioia Tauro, della Tenenza di Rosarno e della Stazione di San Ferdinando, si sono messi fin da subito sulle tracce dell’uomo, considerato che lo stesso riteneva l’area in cui è avvenuto l’agguato mortale, confinante con una sua proprietà, “roba sua”, dove nessuno poteva accedere senza il suo consenso.

Il precedente

Un precedente, in particolare, conferma, secondo i carabinieri del Comando provinciale vibonese che questa mattina hanno illustrato in conferenza stampa i dettagli delle indagini, l’atteggiamento possessivo che l’uomo esercitava sull’area. Il 5 maggio scorso, ai carabinieri della locale Stazione veniva segnalato un prelievo di materiale, nello specifico lamiere, all’ex fornace. Intervenuti sul posto, i militari sorprendevano proprio Pontoriero, il quale non sapeva fornire motivazioni circa la sua presenza nell’area già sottoposta a sequestro giudiziario nel 2011 e dove per anni sono stati stoccati rifiuti tossici. Registrata la circostanza, nei confronti dell’uomo non veniva intrapreso alcun provvedimento.

 

Poi i fatti del 2 giugno. Quindi le testimonianze dei compagni di Sacko, con la descrizione dell’auto e delle fattezze fisiche dell’omicida; l’acquisizione delle immagini delle videocamere di sorveglianza della zona. Elementi che hanno reso immediato, per i carabinieri, il collegamento con Pontoriero, individuato come presunto responsabile dell’azione di fuoco. Immediato quindi il sequestro della Panda bianca in uso all’uomo e dei suoi indumenti. Oggetti sui quali il Ris di Messina ha effettuato accertamenti tecnici irripetibili nell’ambito delle indagini che proseguono al fine di ottenere un quadro completo sul caso e l’eventuale coinvolgimento di altre persone. Pontoriero, nipote dell’ex custode giudiziario della “fabbrica dei veleni”, avrebbe esploso quattro colpi di fucile all’indirizzo dei giovani migranti, giunti sul posto per recuperare le “sue” lamiere da utilizzare nella tendopoli di San Ferdinando, direttamente dal suo terreno, confinante con l’ex fornace che considerava territorio di sua proprietà. Dove nessuno, nella sua concezione distorta, aveva diritto ad accedere e ad attingere.

 

L'intervista al colonnello Gianfilippo Magro:

 

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