La sentenza nel procedimento col rito abbreviato sull’agguato al reggente del clan di Cirò Marina nel 2007. Decisive le dichiarazioni del neo pentito Gaetano Aloe
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Ieri il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catanzaro, Luca Bonifacio, ha scagionato il 76enne boss di Cirò Giuseppe Farao e il 53enne Giuseppe Spagnolo, detto “Peppe U banditu”, dall’accusa di strage per l’omicidio di Vincenzo Pirillo, giustiziato con quattro colpi di pistola il 5 agosto 2007 all’interno del ristorante “Ecò” di Cirò Marina. Un regolamento dei conti interno alla cosca che non si fermò neppure davanti al fatto che Pirillo, durante l’agguato, cenava assieme ai familiari e teneva sulle ginocchia una bambina di undici anni, che restò ferita a una scapola. In quella sequenza mortale, furono ferite altre quattro persone. Una sete di sangue, quella del clan, alimentata da dissidi su questioni economiche. Pirillo, in quel momento storico, era il reggente della cosca di Cirò Marina: i suoi sodali gli imputavano una gestione scorretta della cassa comune della cosca.
Il pm della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio, al termine della requisitoria bis del rito abbreviato, aveva rinnovato la richiesta dell’ergastolo per Spagnolo e l’assoluzione per Farao, così come già fatto nella prima discussione esposta a febbraio scorso. Il gup ha scelto di assolvere entrambi. Il processo svolto con il rito ordinario si è concluso, invece, nello scorso mese di luglio con la condanna all’ergastolo per il boss Cataldo Marincola e l’assoluzione di Silvio Farao, fratello del boss.
Nel procedimento che ha portato alla doppia assoluzione, il gup aveva deciso per un’integrazione istruttoria la cui esigenza era sorta dopo le dichiarazioni rese da Gaetano Aloe, neo collaboratore di giustizia figlio del capobastone Nik Aloe, assassinato nel 1987. Il pentito si è autoaccusato di aver sparato a Pirillo con l’aiuto di altri complici, tra i quali proprio Spagnolo. La sua ricostruzione non ha convinto il giudice. I difensori di Spagnolo, i legali Tiziano Saporito e Gregorio Viscomi hanno respinto le contestazioni al loro cliente (accusato in prima battuta di essere l’esecutore materiale dell’uccisione) e dimostrato che la sera dell’agguato Spagnolo si trovava agli arresti domiciliari e alle 22,32 aveva subito un controllo dei carabinieri. Soddisfazione è stata espressa anche dall’avvocato Gianni Russano, difensore di Giuseppe Farao.