Testimonianze in aula delle strette congiunte dell’uomo, le quali hanno ripercorso il rapporto tra il padre e la donna cosentina che il 14 febbraio 2023 uccise a coltellate il 75enne originario di San Fili
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Tiziana Mirabelli accusata di aver ucciso Rocco Gioffrè
Si è svolta in Corte d’Assise a Cosenza una nuova udienza del processo per l'omicidio di Rocco Gioffrè, il 75enne di San Fili ucciso il 14 febbraio 2023 in un appartamento situato al quinto piano di un edificio posto in via Monte Grappa a Cosenza.
Tiziana Mirabelli è l'unica imputata. La donna ha confessato il delitto, dichiarando di aver agito per legittima difesa, respingendo un tentativo di violenza sessuale ai suoi danni. Il corpo di Rocco Gioffrè fu ritrovato a distanza di cinque giorni dall'assassinio nella camera da letto della donna. L'imputata si recò dai carabinieri di Cosenza, spiegando di aver ucciso un uomo.
Omicidio di Rocco Gioffrè, la testimonianza della figlia
Francesca Gioffrè è stata sentita testimone dell’udienza odierna presieduta dal presidente Paola Lucente. Il tutto si è focalizzato dalla presunta cancellazione di alcuni messaggi che la vittima e la stretta congiunta si sarebbero inviati qualche ora prima del delitto. Messaggi che secondo l'avvocato Cristian Cristiano non risulterebbero dalla copia forense, dalla quale non si evince nessuna cancellazione di questo tipo. La figlia ha comunque sostenuto questa tesi parlando di uno scambio di sms su Whatsapp.
La figlia della vittima ha inoltre ricordato che Mirabelli era una presenza abituale nella casa della vittima. La donna ha spiegato che, il giorno della scomparsa, Mirabelli si era recata a casa di Gioffrè, dicendo di averlo visto salire su un’auto con un uomo, forse un amico del padre. Inoltre, ha dichiarato di averla vista anche dopo l'omicidio del padre. Durante questo incontro la testimone ha riportato la versione offerta da Tiziana Mirabelli, secondo cui le ferite alle mani era da ricondurre a una bruciatura causata dalla macchinetta del caffè.
La cassaforte della discordia
Secondo una prima ricostruzione fornita agli organi di stampa nazionali, dalla cassaforte di Rocco Gioffrè sarebbero spariti all'incirca 10mila euro lievitati oggi a circa 20mila euro. Somma di denaro che tuttavia non è certa fosse nella cassaforte ma una deduzione rispetto a quanto visto dal figlio della seconda testimone, il quale avrebbe asserito che i soldi erano chiusi e blindati ma poi svaniti nel nulla. Anche in questo caso ci sono state incongruenze tra quanto dichiarato nella fase delle indagini preliminari e quanto sostenuto in dibattimento.
Francesca Gioffrè, relativamente alla cassaforte (se fosse aperta o meno), ai carabinieri aveva detto di essere arrivata dopo il fratello a casa del padre, mentre in aula ha sostenuto di essere giunta contemporaneamente. Il legale dell'imputata ha mostrato un video che confermerebbe questa seconda versione. Inoltre, si è sollevato il dubbio sulla chiusura della cassaforte, che la testimone ha trovato chiusa nonostante fosse stata vuota.
Tra Rocco Gioffrè e Tiziana Mirabelli un rapporto tormentato
Per Francesca Gioffrè, il rapporto tra il padre Rocco e l'imputata Tiziana Mirabelli era da sempre tormentato. La testimone qualificata ha raccontato che il padre le dava denaro, beni di prima necessità e persino accesso all’energia elettrica tramite collegamenti tra i contatori delle loro abitazioni. Inoltre, il bagno della casa della vittima dava accesso a un terrazzo comunicante con l’abitazione di Mirabelli, separato solo da un basso muretto. Francesca Gioffrè ha escluso una relazione sentimentale tra i due, descrivendo piuttosto un legame di affinità con periodi di tensione.
Seconda e ultima testimonianza
A seguire c'è stata la testimonianza di Giovanna Gioffrè che dopo il delitto del padre, si è trasferita in Lombardia. Ma la donna ha ripercorso il rapporto con il genitore evidenziando, dal suo punto di vista, una situazione non positiva nel rapporto circoscritto tra la vittima e l'imputata, della quale non gradiva la presenza in casa del padre e con la quale avrebbe avuto più volte dei battibecchi.
Anche nel corso dell'esame, dalle risposte della testimone sono emerse incongruenze al punto che l'ufficio di procura, rappresentato dal pubblico ministero Marialuigia D'Andrea, ha proceduto a diverse contestazioni per riportare la testimonianza nel binario dibattimentale senza uscire fuori dal perimetro dei fatti ricostruiti nelle indagini preliminari.
Processo per l'omicidio di Rocco Gioffrè, tensione in aula
Momenti di tensione, contenuti dalla presenza dei carabinieri della caserma "Grippo" di Cosenza, si sono registrati durante il controesame, al punto che Giovanna Gioffrè ha abbandonato l'aula, chiedendo di sospendere la sua testimonianza. L'udienza poi si è conclusa regolarmente ma anche in questa circostanza non sono mancate le discrasie rispetto a fatti oggettivi già emersi in istruttoria. Come il fatto di sostenere che Rocco Gioffrè non sapesse usare il cellulare mentre sono a disposizione della Corte tutte le chat su Whatsapp e Messenger in cui vittima e imputata si scambiavano messaggi "dolci" e in altri casi dai toni più accesi. Le parti civili sono rappresentate dall'avvocato Francesco Gelsomino.