Fu un vero e proprio raid quello che nel maggio 2018 sparse terrore e sangue tra il comune costiero vibonese e la vicina Limbadi. L’istruttoria dibattimentale era stata riaperta per accertare la capacità di intendere e volere dell’imputato al momento del fatto
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La Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Gabriella Reillo, con a latere il giudice Domenico Commodaro, ha confermato la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado a Francesco Olivieri, 34 anni, di Nicotera in quanto ritenuto responsabile di omicidio aggravato dalla premeditazione per aver esploso a Nicotera l’11 maggio 2018 tre colpi di fucile nei confronti di Michele Valarioti.
Nei confronti di Giuseppa Mollese, sempre a Nicotera, è stato invece sparato un solo colpo di fucile che ha attinto la vittima alla regione mammaria destra, cagionandone anche in questo caso la morte. Contestata pure qui l’aggravante della premeditazione nel reato di omicidio. Tentato omicidio, aggravato dalla premeditazione, era poi l’accusa mossa a Francesco Olivieri per i due colpi di fucile esplosi a Limbadi nei confronti di Vincenzo Timpano (alias “Scarcella”) che ha però reagito prontamente riuscendo ad evitare i proiettili per poi scagliarsi contro il suo aggressore con una lastra di legno del separè di un bar, mentre Francesco Olivieri era intento a ricaricare il fucile.
Lesioni personali, aggravate dall’uso di un’arma – per l’esplosione di più colpi di fucile nel bar di Limbadi che per errore hanno ferito al polso destro (con proiettile ritenuto in sottocute e rimosso chirurgicamente) Pantaleone Timpano – era invece l’altra contestazione mossa nei confronti dell’imputato che doveva rispondere anche di lesioni personali aggravate per aver spinto con forza a terra Francesca Vardè (facendola cadere rovinosamente) in occasione dell’esplosione dei colpi di fucile all’indirizzo del marito Michele Valerioti. Contestato a Francesco Olivieri pure il reato di danneggiamento per aver esploso a Limbadi numerosi colpi di fucile in direzione della porta di ingresso dell’abitazione e dell’autovettura di proprietà di Francesco Timpano, più un colpo di fucile a Nicotera all’indirizzo della saracinesca del locale commerciale di Maria Teresa Campennì denominato “Il Capriccio”. Danneggiamento l’accusa anche per i numerosi colpi di fucile esplosi in direzione della Peugeot 106 di Cesare Taccone a Nicotera, più due colpi di fucile contro l’insegna del ristorante-pizzeria “Il Castello” di Francesco Mollese. La furia omicida, stando al racconto di Francesco Olivieri, sarebbe stata mossa dalla volontà di vendicare il fratello Mario ucciso nel 1997.
Il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Luigi Maffia, che ha rappresenta l’accusa nel processo di secondo grado, non si era opposto alla nomina di un perito per accertare la capacità di intendere e volere di Ciko Olivieri, difeso dall’avvocato Francesco Schimio. La perizia disposta dalla Corte ha stabilito la capacità di intendere e volere di Francesco Olivieri e da qui la conferma della condanna. In primo grado il processo si era celebrato con rito abbreviato.