Il Partito animalista italiano ha presentato il suo esposto in procura per la tragedia della giovane Simona Cavallaro, sbranata da un branco di cani a Satriano a fine agosto. «Troppe cose non tornano e tante responsabilità, anche istituzionali, vanno approfondite dalla magistratura», scrivono in una nota, ribadendo che si tratta di una tragedia che poteva evitare. «Non vi è solo da identificare il gruppo di cani o il proprietario, ma anche di chi siano le colpe “in vigilando”, le responsabilità omissive anche da parte delle istituzioni».

L'esposto del partito animalista italiano

Nell'esposto si legge: «Ove trattasi di cani padronali di allevatore, e vista la razza che viene riportata nelle cronache, quali controlli sono stati sull'allevamento nel tempo? Esistono cartelle veterinarie sull'allevamento?». E ancora: «Vista la presenza di randagi e anche presunti cani maremmani nei boschi, perchè mancavano cartelli e/o recinzioni e/o segnalazioni che indicassero la presenza di animali del genere o animali controllo greggi? Quali relazioni regionali e/o locali vi sono sulla presenza di animali randagi sul territorio? Questo ben considerando, anche in caso controlli Asl fossero intervenuti nell'allevamento con rilevazione dei cani maremmani, quale sia la nota etologia di questi animali che va segnalata e monitorata». Insomma, gli animalisti vogliono vederci chiaro, soprattutto sulla gestione del randagismo da parte delle istituzioni. 

Dalla Calabria nessun dato trasmesso sul randagismo

«La partecipazione come Lista alle Elezioni Regionali nella coalizione di Amalia Bruni - continua la nota del Partito animalista - ci ha consentito di approfondire molti atti regionali degli ultimi 18 mesi. Orbene, come denunziato anche da note associazioni, forse la Regione, le Aziende sanitarie ed i Comuni non hanno “preso sul serio” la questione randagismo, ciò (come indica l'OIPA) è testimoniato, tra l’altro, dalla mancata comunicazione al ministero della Salute dei dati sul randagismo 2020 che ogni anno Regioni e Province autonome trasmettono al Dicastero. La Calabria non ha trasmesso alcun dato riguardante il 2020».

E ancora: «Le Regioni sono tenute, sentite le associazioni che operano in ambito regionale, ad adottare un programma di prevenzione del randagismo. Cosa ancor più grave se si pensa come dei 50.000 animali randagi che si stimano per l'Italia, circa 15.000 sono solo in Calabria. Tra gli altri, conoscendo la presenza di cani maremmani, si dovrà approfondire perchè mancassero cartelli, segnalazioni, recinti e se la presenza di questi cani fosse a conoscenza delle Istituzioni o delle Asp. Insomma, tanto c'è ancora da chiarire, tante eventuali responsabilità colpose, omissioni tutte da verificare. La tragedia di Simona - concludono - non è un fatto di cronaca, ma il dramma di una Regione, il dramma del randagismo in Calabria, la tragedia che deve far approfondire tutta la gestione randagismo degli ultimi mesi e, anche per Simona, chiede non solo Giustizia ma verità».

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