La sera del 24 novembre 2020, il cadavere di Loredana Scalone, 51 anni, originaria di Girifalco ma residente a Stalettì, piccolo centro della provincia di Catanzaro, veniva rinvenuto dai Carabinieri della Compagnia di Soverato nei pressi della discoteca “La Scogliera di Pietragrande” su indicazione di Sergio Giana, 37enne di Badolato, reo confesso dell’omicidio e con il quale la vittima aveva avuto una relazione.

Per l’omicidio di Loredana Scalone è in corso, dinanzi la Corte d’Assise del Tribunale di Catanzaro, il processo a carico di Sergio Giana, difeso dall’avvocato Salvatore Staiano. Secondo l’ipotesi accusatoria del pubblico ministero, Sergio Giana avrebbe concordato con la vittima, un appuntamento al quale si sarebbe presentato già munito di coltello. Dopo averla accompagnata nella casa di due coniugi a Caminia, dove la vittima svolgeva le mansioni di collaboratrice domestica, avrebbe atteso che la donna terminasse la sua giornata lavorativa per poi recarsi con lei presso la scogliera di Pietragrande.

L'uomo avrebbe inflitto alla vittima ventotto coltellate per poi gettarla in un dirupo. Una serie di colpi, che non hanno lasciato via di scampo alla 52enne. Dopo l’omicidio l’assassino sarebbe tornato più volte, anche il giorno seguente, sul luogo del delitto, al fine di occultare il cadavere e ripulire la scena del crimine.

Gli avvocati Arturo Bova e Antonio Ricupero, legali dei familiari di Loredana Scalone costituitisi parti civili nel processo, «alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento, - si legge in una nota hanno inteso incaricare un consulente criminologo al fine di approfondire alcuni aspetti della vicenda giudiziaria che presenta ancora molti lati oscuri. Dalla relazione redatta dal dottor Giuseppe Truglia, criminologo investigativo forense, sulla base degli elementi acquisiti ed analizzati, emergerebbero gravi indizi sul coinvolgimento di almeno altri due soggetti che avrebbero aiutato l’imputato Sergio Giana nell’organizzazione dell’omicidio e nell’occultamento del cadavere della donna».

I difensori della famiglia della vittima evidenziano «come, già all’epoca dei fatti, i carabinieri della Compagnia di Soverato - si legge ancora  - che hanno condotto le indagini avevano sottoposto al vaglio del pubblico ministero titolare del caso una serie di elementi fortemente indiziari circa il coinvolgimento di terze persone nell’omicidio. Il pm disponeva nell’aprile del 2021 l’iscrizione di una terza persona, sospettata di favoreggiamento, nel registro degli indagati ma, una settimana dopo, il 14 aprile 2021, il pm titolare ordinava la separazione del procedimento a carico del nuovo indagato per il quale, nei giorni scorsi, a seguito di espressa richiesta dell’avvocato Arturo Bova, si apprendeva che, in data 12.4.2022, veniva disposta l’archiviazione».

Secondo i legali della famiglia, «in base a quanto evidenziato nel corso delle indagini preliminari dagli investigatori dell’arma, e di quanto sta emergendo nel corso del dibattimento innanzi alla Corte d’Assise, nonché alla luce degli elementi valorizzati nella relazione del dottor Giuseppe Truglia, criminologo incaricato dalla difesa della famiglia Scalone, appare evidente che il pm titolare delle indagini non abbia tenuto in debito conto la portata e l’efficacia probatoria delle acquisizioni investigative che dimostravano già in sede di indagini preliminari il coinvolgimento di almeno una terza persona nell’omicidio e nell’occultamento del cadavere di Scalone Loredana».

I legali dei familiari della donna, avvocato Arturo Bova e Antonio Ricupero, hanno depositato questa mattina, alla Procura della Repubblica di Catanzaro, apposita istanza di riapertura delle indagini al fine di consentire i dovuti approfondimenti investigativi, «necessari a fare piena luce su un delitto che allo stato attuale, nonostante un imputato reo confesso, presenta molti lati oscuri e soprattutto risulta ancora privo di un movente certo».