La morte di Ana Maria Tirnovan, giovane rumena trovata senza vita impiccata in un bagno nel 2016 a Grotteria, nella Locride, potrebbe non essere stato un suicidio. La famiglia ne è più che convinta e per tale ragione è decisa a chiedere con forza che le indagini siano riaperte al fine di fare totale chiarezza sul giallo. Del caso se ne sta occupando l’avvocato Antonio Russo, legale dei familiari residenti in Romania. «È un caso anomalo – racconta il penalista – un suicidio coperto da un decreto di archiviazione, delle lettere scritte in rumeno mai tradotte nonostante le numerose richieste della difesa, un’indagine mai compiuta, una richiesta di avocazione mai accolta, insomma un caso chiuso ancora prima che avesse inizio».

Secondo l’avvocato «Nessuno ha mai verificato se quelle missive siano state vergate dalla stessa mano e redatte nello stesso momento, e nessuno si è mai preoccupato di repertare tutti gli oggetti rinvenuti sulla scena del fatto. Negli atti procedimentali si fa riferimento all’ingestione di candeggina che però non è mai stata trovata, così come la sciarpa con la quale la donna si sarebbe impiccata. In buona sostanza non si sa bene come questa donna sia morta». 

Tanti gli accertamenti secondo la famiglia mancanti che avrebbero portato all’archiviazione, a partire dalla mancata esecuzione dell’autopsia. Ora però, il caso potrebbe nuovamente riaprirsi e portare alla verità sperata. «Rimane una situazione di profondo dubbio e incertezza – conclude l’avvocato Russo - Non solo: seppure la vittima si trovasse agli arresti domiciliari negli atti di indagine questa circostanza non viene menzionata. Prossimi passi? Qui nuovi elementi non ce ne sono, ci sono i vecchi elementi che non hanno mai costituito oggetto di una mirata attività investigativa e che potrebbero forse, finalmente a distanza di anni, costituire oggetto di una indagine approfondita».