Il telefono squillò nella redazione poco dopo le quattro del pomeriggio. Un collega rispose, all’altro capo una voce maschile, anonima e minacciosa: «Smettete di scrivere di questa storia» disse, prima di riattaccare. L’anno era il 2003, la vicenda quella di Denis Bergamini. Quella mattina avevamo scritto della misteriosa morte del calciatore rossoblù sulle colonne della Provincia Cosentina, ipotizzando una versione diversa da quella ufficiale del suicidio, citando alcuni passaggi di un libro-inchiesta sul caso, scritto da Carlo Petrini. Ancora non era emersa la verità sulla fine del giovane atleta, che qualcuno evidentemente, voleva rimanesse insabbiata, per sempre. Ci sarebbero voluti diversi anni prima di accertare, grazie alla riesumazione della salma e ad una nuova autopsia, che la sera del 18 novembre 1989 Bergamini non si era gettato sotto le ruote di un camion in transito lungo la statale 106, a Roseto Capo Spulico: era stato soffocato, forse con un sacchetto di plastica, prima di essere adagiato sull’asfalto, ormai privo di vita, al passaggio del mezzo pesante.

Il corpo di Denis ha parlato

Trent’anni dopo quella tragica serata, la determinazione del Procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla, le intuizioni dell’avvocato Fabio Anselmo, la forza di volontà di Donata Bergamini, hanno indirizzato le indagini verso una direzione precisa, quella dell'omicidio. del resto la sorella di Denis non ha mai creduto alle prime, affrettate conclusioni degli inquirenti. E adesso spera di poter avere finalmente giustizia: «Sono stanchissima di questa attesa, però capisco perfettamente le difficoltà della magistratura nel tentare di aprire uno squarcio nella nebbia, dopo così tanto tempo, con problemi anche nel mettere insieme elementi e dichiarazioni di persone che magari oggi non ci sono più o che comunque risiedono in luoghi diversi e lontani dalla sede della Procura di Castrovillari – dice alle vigilia dell’anniversario della morte di Denis - Nel complesso mi è parso di capire che siano state raccolte circa 250 deposizioni, dunque una mole di lavoro enorme. Però il corpo di Denis ha parlato, fornendo quelle attese rivelazioni che alimentano le mie speranze di ottenere la verità. Ho la sensazione che le indagini siano ormai in dirittura d’arrivo e aspetto con trepidazione gli esiti. Nutro una profonda fiducia nei confronti di Eugenio Facciolla. Stiamo per arrivare in fondo al tunnel».

Verso la conclusione delle indagini

Tre le persone iscritte sul registro degli indagati. Si tratta di Isabella Internò, ex fidanzata di Bergamini, del suo attuale marito Luciano Conte e di Raffaele Pisano, l’autista del camion che sormontò il corpo del calciatore. La Internò e Pisano sono accusati di omicidio volontario aggravato dai motivi futili e abietti, Conte di favoreggiamento. Le rivelazioni emerse dalla nuova autopsia, smentiscono di fatto il racconto della Internò, la quale ha sempre sostenuto di aver visto con i propri occhi Denis gettarsi sotto le ruote del camion carico di mandarini condotto da Pisano. Secondo i periti, invece, per come dichiarato durante l’incidente probatorio del 29 novembre 2017, Bergamini era già morto asfissiato, o comunque in fin di vita, nel momento in cui le ruote del mezzo pesante gli hanno schiacciato il torace.

L'incidente dei due magazzinieri

Secondo alcune indiscrezioni, l’attenzione della Procura di Castrovillari durante la fase di indagine, si sarebbe focalizzata anche su un altro strano episodio: il decesso dei due magazzinieri del Cosenza Domenico Corrente detto Mimmolino e Alfredo Rende. Morirono entrambi in auto mentre percorrevano la Statale 106 nei pressi di Metaponto, il 4 giugno del 1990. «Si erano proposti di venirci a trovare a casa per parlarci – ricorda Donata Bergamini - per rivelarci alcuni elementi sulla morte di Denis di cui avevano detto di essere a conoscenza. Non ho informazioni dettagliate su questo incidente e quindi non me la sento di metterlo in collegamento con la tragica scomparsa di mio fratello. Sicuramente però, si è trattato di una strana coincidenza, tanto più che i due magazzinieri hanno perso la vita anche loro sulla statale 106, a pochi chilometri da Roseto Capo Spulico». Mimmo Corrente e Alfredo Rende avevano recuperato le scarpe che indossava Bergamini al momento della morte, un paio di Tod’s miracolosamente rimaste immacolate, che avevano poi recapitato al papà di Denis, Domizio.

Il parallelismo con il caso di Stefano Cucchi 

Intanto nella settimana appena terminata, è arrivata a conclusione un’altra drammatica e controversa vicenda giudiziaria: quella relativa al caso di Stefano Cucchi. Denis Bergamini e Stefano Cucchi sono morti in circostanze diverse e però i due casi sono legati da un sorprendente parallelismo. Entrambi sono stati scanditi da depistaggi, omissioni, tentativi di archiviazione. E contraddistinti dal coraggio, dalla tenacia e dall’impegno di due sorelle: Donata da una parte, Ilaria dall’altra. Per Stefano Cucchi si è arrivati fino in fondo: «Sono felice per Ilaria – dice Donata – A lei mi sento molto vicina. Siamo accomunati da un percorso analogo: senza la nostra determinazione i casi di Stefano e Denis sarebbero finiti seppelliti sotto un cumulo di bugie. Sono fiduciosa che, come per Stefano, anche per Denis potrà esserci piena giustizia. Il loro cuore ha smesso di battere tra la colpevole indifferenza delle persone presenti». E da Ilaria Cucchi arrivano per Donata parole di incoraggiamento: «Umanamente ritengo che non ci sia nulla di più terribile della negazione della verità, nonostante ogni evidenza dimostri il contrario di quanto si vuol far credere, di quanto si è voluto far credere alla mia famiglia, di quanto hanno voluto far credere a Donata. La mia esperienza dimostra che non bisogna perdere fiducia nella giustizia e sono convinta che anche per Donata arriverà il momento della verità».