Sette persone sono indagate dalla procura di Palmi con l’accusa di coltivazione, detenzione, vendita e acquisto di ingenti quantitativi di marijuana. Cinque sono finiti in carcere, uno ai domiciliari e uno all’obbligo di firma. L’operazione condotta dai carabinieri è scattata questa mattina, 21 aprile, nelle province di Reggio Calabria, Chieti e Milano, i carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dello squadrone eliportato cacciatori Calabria, del nucleo cinofili di Vibo Valentia e dei comandi Arma competenti per territorio.

I destinatari della misura cautelare, quasi tutti già gravati da precedenti di polizia, anche specifici, e originari della Provincia di Reggio Calabria, sono:
1. Fabio Bono, 42enne di Taurianova (carcere)
2. Giuseppe Sicari, 33enne di Taurianova (carcere)
3. Giuseppe Bianco, 40enne di Africo (carcere)
4. Bruno Criaco, 65enne di Africo (carcere)
5. Angelo Ferraro, 49enne di Palizzi (sottoposto all’obbligo di presentazione alla P.G)
6. Fabio Messina, 31enne di Brancaleone, sottoposto agli arresti domiciliari;
7. Bruno Stelitano, 70enne di Africo.

L’odierna operazione, denominata “Dioniso”, giunge alla fine di una articolata attività investigativa condotta dalla compagnia carabinieri di Taurianova, sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Palmi, tra il gennaio 2019 e il maggio 2020, e supportata da attività di intercettazione telefonica e ambientale, videoregistrazioni, servizi di osservazione e pedinamento, nonché altre metodologie d’indagine tradizionali.

La genesi dell'inchiesta

La genesi dell’attività è rappresentata dal sequestro di circa 118 chili di marijuana divisa in numerosi sacchi, rinvenuta nel gennaio 2019 in una abitazione della frazione Amato di Taurianova e nella disponibilità di Antonino Sorrenti cl. 1990, arrestato allora in flagranza di reato dai carabinieri della stazione di San Martino di Taurianova. La grande quantità dello stupefacente rinvenuto, nonché la tipologia di imballaggio, ha fatto fin da subito ipotizzare ai carabinieri che la partita di droga fosse solo una di un più esteso contesto delinquenziale di produzione e smercio di sostanza stupefacente, con la necessaria complicità di altre persone. L’avvio delle attività ha infatti permesso in breve tempo di appurare come il carico sequestrato fosse commissionato e gestito anche dallo zio dell’arrestato, Giuseppe Sorrenti cl. 1969 di Taurianova (nel frattempo deceduto), e destinato, principalmente, all’odierno arrestato Giuseppe Bianco, di Africo

Il gruppo criminale

La complessiva indagine ha però permesso di far luce sull’esistenza di un più ampio gruppo criminale, composto da soggetti gran parte pregiudicati operanti nella Provincia di Reggio Calabria, dedito alla produzione, detenzione e commercio di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, con principale base in un capannone industriale a Rizziconi, di proprietà di Giuseppe Sorrenti, che ha rappresentato un importante luogo di incontro e di accordi illeciti del gruppo. Gli indagati hanno utilizzato anche terreni in disuso nella Piana di Gioia Tauro per la coltivazione di estese piantagioni di marijuana, una delle quali è stata rinvenuta e sequestrata dai carabinieri della compagnia di Taurianova in una zona rurale di Cittanova nel luglio 2019, quando furono arrestati in flagranza quattro giovani taurianovesi, Giuseppe Startari cl. 1987, Giuseppe Sicari cl. 1993, Carmelo Avati cl. 1991 e Paolo Monterosso cl. 1989, sorpresi a curare circa 3.200 piante di marijuana di altezza variabile tra i 50 e 150 centimetri.

La testa dell'organizzazione

Gli stessi, come accertato, avevano funzioni esecutive nella coltivazione delle piante, per conto dell’indagato Giuseppe Sicari e di Giuseppe Sorrenti, considerato il dominus degli affari, questi ultimi importanti intermediari in un ampio mercato illegale di droga con la partecipazione e collaborazione, a vario titolo, dei restanti odierni arrestati. Nel corso delle attività, infatti, tra i pregiudicati dei due versanti della provincia reggina sono stati documentati plurimi accordi illeciti di compravendita di vari quantitativi di marijuana (fino a 150 chili per cessione) da immettere nel mercato nazionale, nonché singole vendite al dettaglio, sia di marijuana ma anche di cocaina, ad indicazione di una diversificata disponibilità di droga e una pluralità di canali di approvvigionamento e vendita.

Nella Locride

Significativa in tale contesto il ruolo del brancaleonese Fabio Messina, il quale, in più circostanze, ha ceduto svariati quantitativi di sostanza stupefacente agli altri indagati, in qualità di affidabile soggetto ben inserito nella rete di spaccio. Solo pochi giorni prima dell’odierna operazione, Messina è stato tratto in arresto in flagranza di reato insieme alla moglie venticinquenne Valentina Bevilacqua, dai carabinieri a Bianco in quanto, fermato a bordo della sua macchina mentre era in viaggio con i figli minorenni, è stato trovato in possesso di circa 200 grammi di cocaina, ben occultati all’interno di una scatola di riso, a dimostrazione di una continuità e attualità delle condotte criminose.

Professionisti

Gli indagati hanno operato in maniera professionale e imprenditoriale, evitando conversazioni telefoniche anche per semplici incontri al fine di eludere le investigazioni e, prima di giungere all’accordo conclusivo di una cessione, venivano spesso consegnati campioni di sostanza stupefacente in un capannone industriale di Rizziconi - monitorato h-24 dai carabinieri della stazione di San Martino di Taurianova - persino per il tramite di soggetti minorenni. Tra l’altro, alcuni degli indagati sono legati tra di loro da legami di parentela a conferma dell’esistenza di una struttura fondata su forti ed impermeabili vincoli di sangue, anche per la conduzione di singole attività delittuose. Alcuni degli africesi arrestati, inoltre, sono ritenuti contigui per vincoli di parentela e frequentazioni con soggetti appartenenti alla locale cosca di ‘ndrangheta Morabito-Bruzzaniti-Palamara, a conferma della loro pericolosità.

Nel corso dell’attività, significativo anche l’arresto del catturando Antonio Stelitano cl. 82, pregiudicato e anch’egli contiguo alla cosca di ‘ndrangheta Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo, figlio dell’odierno arrestato Bruno, il quale, nel maggio del 2019, era evaso dai domiciliari ove era ristretto ad Africo per altri reati, per fuggire e trovare rifugio a Roma, dove, in breve tempo, è stato però individuato, localizzato e catturato, proprio su indicazione dei carabinieri della stazione di San Martino di Taurianova, grazie al monitoraggio svolto nel corso dell’attività.