La base dell’organizzazione nel quartiere Giostra di Messina, la droga comprata nel Reggino. Le Fiamme gialle hanno portato a termine un’operazione che ha stroncato una presunta banda di narcotrafficanti che operavano nella città siciliana e che si riforniva di cocaina in Calabria. L’inchiesta è stata coordinata dalla Dda messinese e ha portato in carcere 48 persone, sei ai domiciliari mentre per altri 7 è scattato l’obbligo di dimora. Per l'accusa sono promotori e partecipi di una strutturata organizzazione criminale dedita alla gestione di un lucroso traffico di sostanze stupefacenti.

Le indagini e il nuovo pentito

Le indagini traggono origine da approfondimenti avviati su una delle principali piazze di spaccio del capoluogo peloritano, il quartiere di Giostra, già teatro di eventi criminali e noto per la significativa presenza di esponenti di spicco della locale criminalità organizzata, anche di matrice mafiosa.

In tale contesto, la Direzione distrettuale antimafia di Messina ha disposto l’avvio di indagini tecniche (telefoniche, ambientali, telematiche con captatore informatico e di video ripresa) che, corroborate da serrate attività tipiche di polizia giudiziaria sul territorio, avrebbero consentito di scoprire l’esistenza e l’operatività di un’agguerrita associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico.

In aggiunta, nel corso delle indagini è intervenuto l’apporto di un collaboratore di giustizia il quale, inizialmente partecipe dell’associazione, si è dissociato dal contesto criminale di appartenenza, consentendo agli inquirenti una ricostruzione della fitta rete di relazioni e degli affari illeciti che costituiscono l’attività della associazione.

La droga dalla provincia Reggina

Le investigazioni avrebbero consentito dunque di ricostruire come la complessa organizzazione criminale potesse vantare su stabili canali di approvvigionamento, indispensabili per garantire il costante flusso di droga di varie tipologie, dalla cocaina, alla marijuana e all’hashish.

In particolare, un primo canale molto più strutturato degli altri, anche per la documentata frequenza delle consegne, sarebbe riconducibile a indagati con base operativa a Reggio Calabria e nelle roccaforti ndranghetiste di San Luca e Melito Porto Salvo. Circa la solidità del business, oltre all’utilizzo di sistemi di comunicazione criptati, basti dire come, in piena pandemia, considerate le stringenti restrizioni sulla circolazione di mezzi e persone, i fornitori calabresi, al fine di eludere i controlli delle forze di polizia e poter beneficiare nel contempo di un canale di passaggio prioritario sullo Stretto, provvedessero alla consegna dello stupefacente a Messina utilizzando autoambulanze. Un secondo canale, parallelo al primo, riferibile a soggetti operanti a Catania, risultati attivi nel quartiere ad alta densità criminale di San Cristoforo del capoluogo etneo.

Le indagini, inoltre, di individuare una capillare rete di pusher e intermediari, responsabili della gestione operativa del narcotraffico: dalla consegna al dettaglio ai singoli clienti, sino alle forniture più significative.

La base nel quartiere Giostra di Messina

La base operativa dell’associazione era collocata all’interno di un vicolo cieco del quartiere Giostra, così da poter costantemente monitorare qualsiasi tipo di accesso. Al medesimo fine, con l’obiettivo di tutelare l’illecito traffico, il gruppo investigato è risultato utilizzare, quale luogo di occultamento di armi e stupefacenti, una baracca abbandonata. In altri termini, un sodalizio criminale dinamico e strutturato, in grado persino di contrattare con organizzazioni calabresi l’acquisto di armi da guerra, come fucili mitragliatori del tipo Uzi, dotati di silenziatore.

Sul punto, è lo stesso gip che, nella valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, sottolinea come il traffico di stupefacenti oggetto d’indagine sia caratterizzato da «tratti di inquietante sistematicità e pianificazione», definendolo, senza alcuna iperbole, come di tipo «imprenditoriale».

Sotto il profilo economico-finanziario, infine, si è documentata la disponibilità di beni mobili ed immobili in misura sproporzionata al reddito lecitamente dichiarato ed al tenore di vita sostenuto, da qui il disposto ed eseguito sequestro di unità immobiliari, autoveicoli e motoveicoli, per un valore complessivo stimato di circa 500.000,00 euro. Parimenti, è emerso come 17 soggetti, dei 61 arrestati, risultassero percettori/beneficiari di reddito di cittadinanza.

I nomi

Gli arrestati stamani dalla Finanza a Messina per spaccio di droga che si trovano in carcere sono:

Francesco Cuscinà, 72 anni;
Giovanbattista Cuscinà, 43 anni;
Nicola Mantineo, 41;
Viviana Di Blasi 36;
Maria Cacopardo, 72;
Bruno Gioffrè, 32;
Antonio Pelle, 39;
Tiziana Mangano 43;
Pietro Squadrito, 49;
Francesco Spadaro 43;
Gianluca Siavash, 33;
Deborah Manadini, 42;
Davide lo Turco, 42;
Alessia Maccarone, 33;
Saverio Maisano, 27;
Antonio Zaccuri, 31;
Pasquale Mollica, 22;
Litterio Geraci, 21;
Mario Bonaventura, 27;
Umberto Suraci, 51;
Antonio Suraci, 37;
Daniele Sulas, 32;
Francesco Alatri 40;
Davide Stroncone, 40;
Graziano Castorino,48;
Giuseppe Castorino, 31;
Giuseppa Di Amico Giando 40;
Maurizio Papale, 53;
Giovanni Vezzosi, 52;
Giampaolo Scimone, 34;
Calogero Rolla, 50;
Filippo Bonanno, 41;
Rosa Bonanno, 45;
Natale Viola, 49;
Maurizio Trifirò, 51;
Carmelo Lo Duca,21;
Salvatore Lo Duca, 45;
Benedetto Mesiti, 44;
Michele Fusco, 34;
Daniele Giannetto, 44;
Alessandro Buonasera, 35;
Antonio Alessandro, 35;
Giuseppe Abate, 29;
Carmelo Menoti, 35;
Francesco Giuffrida, 47;
Francesco Musolino, 33;
Giovanni Calarese, 23;
Salvatore Chiarenza, 32.

Agli arresti domiciliari sono finiti:

Silvia Sanò, 27 anni;
Biagio Romeo, 45;
Christina Fengid, 30;
Angelo Arancio, 21;
Carmelo Arancio, 23;
Pietro Russo, 32;

Obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per:

Nunzio Pantò, 58;
Santo Sarnataro, 57;
Claudio Rotondo, 41;
Giuseppe Galli 39;
Emanuele Bonasera;
24 Antonio di Blasi, 26;
Giuseppe De Francesco, 61.