La 29enne iraniana è in carcere a Reggio. Avrebbe gestito con spietatezza i 105 migranti imbarcati in Turchia e arrivati a Roccella Jonica il 27 ottobre scorso. Il bambino è stato affidato a una famiglia di rifugiati afgani
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Trafficante di esseri umani con figlio al seguito. La storia della prima donna scafista arrestata in Italia e ora in carcere a Reggio Calabria, la racconta oggi l’Avvenire. La mamma di 29 anni deve rispondere alla grave accusa di traffico di migranti per aver gestito, insieme a due complici, il viaggio lo scorso 27 ottobre ha portato 105 migranti su una barca a vela fino al porto di Roccella Jonica, in Calabria.
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«Gli investigatori della polizia – scrive il giornale cattolico - hanno accertato che la giovane donna aveva fatto già altri due viaggi, cambiando nome e età. Non con ruoli secondari. Non guidava le barche ma si occupava soprattutto della parte economica, intascando i soldi pagati dai migranti per il viaggio dalla Turchia e dando loro ordini a bordo».
In questa occasione si era portata appresso il figlio di dieci anni, forse per confondersi meglio tra i migranti e sfuggire ai controlli. Ma non è escluso che stavolta avesse deciso di non tornare indietro e di restare in Europa. Comunque non è riuscita a sfuggire agli investigatori del Commissariato di Siderno. «Alcuni migranti – si legge ancora sull’Avvenire - hanno raccontato del suo ruolo di comando, con autorità e risolutezza. Ma anche di come durante i cinque giorni del viaggio tra il porto turco di Izmir e le coste calabresi, avesse più volte assunto cocaina. Così la donna è stata arrestata con la gravissima accusa di organizzazione dell’immigrazione illegale».
Il bimbo, accolto inizialmente nella struttura di prima accoglienza del porto di Roccella Jonica, è stato poi affidato alla Caritas della Diocesi di Locri-Gerace, che ha chi era disposto ad ospitarlo, una famiglia di immigrati afghani già da anni in Calabria.