Nel marzo 2017 finirono sotto indagine 13 persone ritenute responsabili di aver favorito alcune ditte. Oggi il tribunale di Paola ha smontato le accuse della procura
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Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, ha archiviato l'inchiesta sui cartelloni pubblicitari disclocati nel territorio di Acquappesa e Guardia Piemontese che, nel marzo 2017, due mesi prima dell'insediamento del nuovo procuratore Pierpaolo Bruni, aveva portato al sequestro di 17 pannelli di grosse dimensioni (6 metri x 3) e l'iscrizione di 13 persone nel registro degli indagati, tra cui i sindaci di Acquappesa e Guardia Piemontese, rispettivamente Giorgio Maritato, oggi libero da ogni carica pubblica, e Vincenzo Rocchetti. «La richiesta di archiviazione avanzata dal pm (a maggio scorso, ndr) - scrive la dottoressa Elia - merita di essere accolta poiché, avuto riguardo al contenuto degli atti di indagine e agli esiti dell'udienza camerale, gli elementi raccolti non sono sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio, non apparendo idonei a superare il vaglio dibattimentale al fine di addivenire ad una pronuncia di penale responsabilità degli odierni indagati».
Quali erano le accuse
Secondo il quadro accusatorio ricostruito all'epoca dal pm Anna Chiara Fasano, amministratori e tecnici comunali avrebbero favorito alcune società pubblicitarie prive dei requisiti morali e in palese violazione del codice degli appalti pubblici. Addirittura si era ipotizzata la collusione tra i funzionari pubblici e la cosca Muto di Cetraro, per via del coinvolgimento nella vicenda di alcuni soggetti ritenuti intranei al clan.
Ma oggi il gip del tribunale paolano archivia definitivamente la faccenda, disponendo oltretutto il dissequestro dei cartelloni pubblicitari. Il pubblico ministero evidenzia come «le indagini espletate non hanno dimostrato né la collusione né i mezzi fraudolenti, essendosi verificati tra gli indagati incontri temporalmente scollegati e distanti dagli atti di affidamento». In particolare, in riferimento ai rapporti esistenti tra i titolari delle agenzie pubblicitarie coinvolte, «l'ipotesi dell'esistenza di una associazione a delinquere non è confortata dalle emergenze investigative, apparendo piuttosto un'intesa tra imprenditori operanti nel medesimo settore al fine di conseguire un reciproco vantaggio dai rispettivi contatti e strutture, tenuto altresì conto dell'assenza di reati scopo del presunto sodalizio».