Si tratta di un 31enne di Luzzi. Nel materiale informatico sequestrato trovati tutorial per la realizzazione di ordigni, video di esecuzioni e riviste ufficiali delle agenzie mediatiche dei gruppi terroristici di matrice jihadista
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Un cittadino italiano residente in provincia di Cosenza è stato arrestato dalla polizia in esecuzione di un'ordinanza del gip su richiesta della Dda di Catanzaro, per auto-addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale.
Nel materiale informatico sequestrato gli investigatori hanno trovato manuali di istruzioni sulla realizzazione di ordigni, tutorial sulla conduzione di operazioni terroristiche, documenti esplicativi sull'auto addestramento per il compimento di attentati, nonché video ed immagini cruente di esecuzioni dell'Isis, riviste ufficiali delle agenzie mediatiche dell'Isis, Al Qaeda e altri gruppi terroristici, oltre a documenti in lingua araba auto prodotti dall'indagato.
Secondo quanto appreso, l'uomo finito in carcere sarebbe un trentenne di Luzzi, in provincia di Cosenza, che ha anche imparato a parlare bene l'arabo. L'uomo, con barba lunga e folta, che anche negli atteggiamenti si ispira all'islamismo, è stato rintracciato nella propria abitazione, portato in Questura a Cosenza e poi immediatamente trasferito.
Il provvedimento trae origine da un'indagine, denominata "Miraggio", condotta dalla digos distrettuale di Catanzaro e di Cosenza, dal servizio polizia postale e delle comunicazioni e dal servizio per il Contrasto all'estremismo e terrorismo esterno della Dcpp/Ucigos, diretta e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Catanzaro con il procuratore Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e il pm Graziella Viscomi.
Gli accertamenti sono iniziati grazie alla segnalazione acquisita, nell'ambito della collaborazione internazionale, della presenza su una piattaforma digitale, in lingua araba, di contenuti di propaganda del terrorismo di matrice jihadista.
Gli approfondimenti della digos sono stati affiancati da attività tecnico-informatiche da parte degli specialisti della polizia postale coordinate dal Servizio per il contrasto all'estremismo e terrorismo esterno della Dcpp/Ucigos, e da intercettazioni telematiche che hanno portato gli investigatori a concentrare le indagini nei confronti dell'indagato.
In particolare le intercettazioni telematiche hanno fatto emergere come l'uomo disponesse di numerosi account su piattaforme social (Telegram, Rocket Chat, Riot) attraverso i quali partecipava a gruppi chiusi di connotazione jihadista per accedere ai quali bisognava essere accreditati e quindi ritenuti affidabili dagli amministratori dei canali.
Il quadro indiziario, secondo l'accusa, è stato confermato dalle risultanze delle intercettazioni ambientali e telefoniche oltre che dal contenuto del materiale sequestrato durante le indagini, dispositivi telefonici e informatici, memorie Usb, documenti e manoscritti.
L'analisi sui dispositivi avrebbe evidenziato l'osservanza di regole tecniche di anonimizzazione e di archiviazione sicura del materiale informatico presenti sulle infografiche diffuse dagli organi di propaganda del Califfato.