Questa notte la terra ha tremato: 44 minuti dopo la mezzanotte una sisma di magnitudo 4.4 ha scosso il sonno dei calabresi, in particolare nelle province di Catanzaro, Crotone, Vibo Valentia e Cosenza, quelle più vicine all’epicentro individuato lungo la costa jonica del capoluogo di regione, con due successive repliche di minore intensità a Stalettì e San Floro.

E siccome i calabresi sono degli incoscienti, dopo un primo momento di smarrimento e di paura, verificata l’assenza di danni, sono tornati a dormire come se nulla fosse. Una condotta nella migliore delle ipotesi incauta, come sentenziato proprio ieri, quando si dice la combinazione, dai giudici del tribunale dell’Aquila che hanno decurtato il risarcimento dei danni alle famiglie delle vittime del terremoto dell’aprile del 2009, perite sotto le macerie di un palazzo costruito con materiali scadenti. Ritenendo che le stesse vittime fossero corresponsabili della loro morte, quasi al pari di chi senza farsi scrupolo aveva realizzato un fabbricato risparmiando su mattoni e cemento e più di chi avrebbe dovuto vigilare.

Scherzi a parte, il destino ha fornito immediatamente una dimostrazione plastica di quanto sia assurda la decisione assunta ieri nelle aule di giustizia del capoluogo abruzzese: si pretende dai cittadini di prevedere il rischio del ripetersi di un movimento tellurico, impossibile anche per gli studiosi più esperti, alleggerendo la coscienza di chi costruisce fuori dalle regole. Prevedere un terremoto non si può, ma quando impieghi materiali scadenti accetti l’eventualità che alla prima scossa un po’ più forte dell’ordinario il minimo che ti può capitare che il tuo palazzo venga giù come un castello di carte.