«Talvolta è necessario chiedere l’ausilio della stampa per rettificare quanto taluno, per interesse personale o per vera e propria volontà mistificatoria, afferma il falso ed attribuisce, subdolamente, ad altri atti o fatti che in realtà non sono mai accaduti». È l'incipit della nota rilasciata dai Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese, in merito alla notizia circolata nelle scorse ore. Secondo la controparte, ossia la Sateca, società che gestiva il compendio delle Terme Luigiane, la riconsegna dei beni necessari per la ripresa delle attività non sarebbe avvenuta perché i due enti avrebbero posto condizioni inaccettabili.

L'origine della vicenda

La vicenda trae origine da una querelle tra i due Comuni (su cui sorge l'impianto termale) e la Sateca, che secondo un documento sottoscritto innanzi al prefetto avrebbe dovuto condurre le attività del compendio fino a un nuovo subentro nonostante il contratto scaduto. Un anno fa, però, le imposizioni dei Comuni hanno messo fine alle attività, facendo saltare la stagione termale 2021 e riprendendo possesso dei beni precedentemente affidati alla Sateca. Una recente sentenza del Tar ha però stabilito che i beni devono essere restituiti ai gestori per la ripresa delle attività e le parti si erano organizzate per la riconsegna. Ma anche stavolta, qualcosa è andato storto.

La versione dei fatti secondo i Comuni

Quello che sarebbe accaduto lo raccontano i due Comuni, alla cui guida ci sono i sindaci Francesco Tripicchio e Vincenzo Rocchetti. «Il verbale in quella sede redatto, reso pubblico dalle scriventi Amministrazioni comunali e non solo (in parte) letto ad uso e consumo di telecamera, è scritto nella lingua nazionale, comprensibile ai più ma evidentemente non a tutti. Non vi sono condizioni. Le Amministrazioni comunali hanno convocato la Sateca per la riconsegna dei beni, lo hanno scritto ad inizio verbale e lo hanno ribadito a chiusura dello stesso.

Le Amministrazioni comunali si sono limitate, unicamente, a precisare le condizioni d’uso del compendio e delle sorgenti alla stregua della sub-concessione esistente che il Tar Calabria ha ritenuto – fermo restando il diritto dei Comuni di proporre appello avverso tale sentenza, come sarà fatto – tuttora vigente sino alla “individuazione del nuovo sub-concessionario” ma precisando che “non potrebbe essere comunque regolato dalle pattuizioni che avevano egolato il rapporto di sub-concessione tra le parti. Così la sentenza. E non v’è dubbio (sfidiamo, sul punto, i raffinati interpreti del diritto, sia pubblici che anonimi) che la sub-concessione regola lo svolgimento delle attività unicamente nel compendio». I sindaci, poi, sollevano il dubbio sulle reali condizioni dello stato del compendio termale. Ad ogni modo, una seconda convocazione è stata indetta per il prossimo 17 dicembre.

Le accuse alla Sateca

«La società, del resto, se avesse voluto, anche a tutela dei “250 lavoratori” (i quali, però, sono sempre, poco meno di 20 a ogni ‘incontro’), avrebbe potuto riprendere i beni e contestare, nelle dovute sedi, le richieste dei Comuni ma nel frattempo riprendere le attività - scrivono infine i sindaci - . Avrebbe potuto, appunto, ma non lo ha fatto perché, in verità, non ha alcuna voglia di rispettare la sub-concessione e pretende, esclusivamente, di esercitare l’attività al di fuori del compendio nel proprio stabilimento che con l’interesse pubblico termale non ha nulla a che fare».