C’è anche il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, fra le 38 persone a cui la Procura della Repubblica di Roma ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per l’inchiesta “Amalgama”, che ha fatto luce su una presunta associazione per delinquere, nonché diversi reati come corruzione e tentata estorsione.

 

A Giandomenico Monorchio viene contestato proprio il concorso in corruzione.

Al centro delle indagini della Procura di Roma, vi sono importantissimi appalti, come quelli relativi alla realizzazione della Tav Milano-Genova, o il sesto macrolotto dell’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria, o della People mover di Pisa.

 

Fra i soggetti finiti sotto inchiesta, vi è anche l’ingegner Giampiero De Michelis, considerato il promotore e l’organizzatore dell’associazione, assieme all’imprenditore calabrese Domenico Gallo. Sarebbe stato lui, quale direttore dei lavori del contraente generale, a svolgere controlli compiacenti di qualità e rilasciare certificati dove si affermava il falso, ottenendo in cambio commesse per beni e servizi fatturati a ditte riferibili a parenti ed amici.

 

Ed è per questa ragione che, spesso, anche nelle intercettazioni viene fuori come il materiale utilizzato per le opere pubbliche non fosse quello in realtà necessario per garantire degli adeguati standard di qualità. È il caso di betoniere che arrivavano in cantiere ed il cui cemento, a sentire gli stessi indagati, sembrava colla. Una situazione abbastanza complessa quella che chiamava in causa la Breakout srl, società riconducibile a De Michelis ed a Gallo. Le forniture iniziali non rispondevano alle caratteristiche minime, tanto che la prima «era acqua», mentre la seconda «non scendeva nemmeno dalla canalina».

 

Sono state le intercettazioni a svelare anche la consapevolezza degli indagati di non effettuare neppure i controlli adeguati nei cantieri. Proprio l’imprenditore Gallo, parlando con un altro interlocutore, disse a chiare lettere che le verifiche non erano fatte a regola d’arte.

 

Gli indagati avranno ora 20 giorni di tempo per presentare memorie o farsi interrogare. Poi la Procura potrà decidere per l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.

 

Consolato Minniti