La Corte d’Assise d’Appello di Torino ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per i cinque imputati accusati dell’omicidio di Manuel Bacco, tabaccaio astigiano ucciso nel suo negozio il 19 dicembre del 2014 nel suo negozio di Asti in corso Alba. Rigettati, quindi, sia l’appello della Procura che aveva chiesto la riforma della sentenza con la condanna all’ergastolo, sia l’appello dei difensori che avevano invocato l’assoluzione per i rispettivi assistiti. Condanna a 30 anni di reclusione, dunque, per: Antonio Guastalegname, 52 anni, imprenditore residente a Castello di Annone, ma originario di Vibo Marina;  Domenico Guastalegname, 27 anni, pure lui originario di Vibo Marina; Giuseppe Antonio Piccolo, 29 anni, di Nicotera; Fabio Fernicola, 42 anni, di Asti, e Jacopo Chiesi, 27 anni, pizzaiolo di Castello d’Annone.

La richiesta di riforma della sentenza di primo grado dalla Procura generale con la richiesta all’ergastolo era basata sulla nuova richiesta di condanna per il tentato omicidio della moglie del tabaccaio. Un’accusa, quest’ultima, per la quale in primo grado si era registrata l’assoluzione che è stata appellata dall’ufficio di Procura e che, unitamente alle altre contestazioni, ha portato a richiedere ora in appello la condanna all’ergastolo per tutti gli imputati.

La rapina finita nel sangue

 Giuseppe Antonio Piccolo aveva già ammesso in primo grado di aver partecipato alla rapina finita nel sangue con il ruolo di “palo” alla porta dell’esercizio commerciale. Piccolo aveva poi chiesto scusa alla vedova di Manuel Bacco (Cinzia Riccio, parte civile nel processo con l’assistenza dell’avvocato Giovanni Vitello), spiegando che l’omicidio non sarebbe stato voluto. Dopo la rapina finita in tragedia, lo stesso Piccolo aveva dichiarato di essere stato ospitato da un certo Luigi (di cui non aveva ricordato il cognome) per essere il mattino successivo portato a Milano dove aveva preso un treno che l’ha riportato a Nicotera. Giuseppe Antonio Piccolo è il figlio di Roberto Piccolo, quest’ultimo ritenuto dagli investigatori un elemento di peso del clan Mancuso.

Anche Antonio Guastalegname di Vibo Marina, aveva ammesso le proprie responsabilità nell’organizzazione della rapina sfociata nel fatto di sangue, scagionando però il figlio Domenico (pure lui originario di Vibo Marina) e Jacopo Chiesi.

La dinamica del delitto

Secondo l’accusa, Antonio Guastalegname avrebbe pianificato la rapina reclutando il figlio Domenico, Antonio Piccolo, Fabio Fernicola di Asti, e Jacopo Chiesi, quest’ultimo ritenuto l’esecutore materiale del fatto di sangue. Nel tabacchino sarebbero entrati Giuseppe Antonio Piccolo e Jacopo Chiesi, entrambi con i volti coperti. Cinzia, la moglie di Manuel Bacco, alla vista dei malviventi ha abbozzato una reazione, suscitando una risposta spropositata nel giovane rapinatore che ha esploso due colpi di pistola a scopo intimidatorio. Il tabaccaio a quel punto si è scagliato a difesa della moglie, cercando di bloccare i rapinatori che hanno aperto di nuovo il fuoco uccidendolo sul colpo. Poi la fuga a bordo delle due vetture noleggiate in città e restituite la mattina successiva.

Le indagini

È stato necessario un lavoro incrociato fra i carabinieri del Nucleo investigativo astigiano e dei Ris per collegare le tracce biologiche ritrovate sul luogo della rapina ad un nome in particolare. Gli inquirenti hanno analizzato il dna di cinquanta soggetti riuscendo a trovare uno dei tasselli che hanno portato ad una svolta nelle indagini. Importanti sono state anche le analisi delle celle telefoniche e dei cellulari in uso agli arrestati, così come la visione dei filmati delle telecamere di sicurezza e l’ascolto di alcuni testimoni chiave.
Antonio Guastalegname era difeso dall’avvocato Roberto Caranzano, Domenico Guastalegname dagli avvocati Antonio Porcelli e Fabio Schembri, Giuseppe Antonio Piccolo dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Francesco Capria, Fabio Ferincola dall’avvocato Patrizia Gambino e Jacopo Chiesi dagli avvocati Roberto Caranzano e Fabrizio Brignolo.