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Aveva paura che Giovanni Iamonte potesse creare problemi anche ai suoi genitori. Per questo, per diverso tempo, non parlò con nessuno. Si arricchisce di particolari la vicenda della ragazzina di Melito Porto Salvo, ripetutamente stuprata da alcuni giovani del luogo, fra cui il figlio del boss Remingo Iamonte. Nella giornata di ieri la deposizione del padre della giovane, che ha fornito al Tribunale la sua versione dei fatti.
Incalzato dalle domande del pm Francesco Ponzetta, l’uomo racconta della sua vita familiare, sino al giugno del 2015, quando apprende di quanto sta succedendo alla figlia. «Si parlava di foto e di un filmato», spiega il padre al pubblico ministero. «Scopro che mia figlia era in cura da una psicologa e che in quel periodo praticava atti di autolesionismo».
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L’uomo non rimane con le mani in mano e decide di incontrare Antonio Verduci e Giovanni Iamonte. «Non sono sceso nei particolari ma Iamonte mi disse di non aver mai toccato mia figlia e aggiunse: "E anche se fosse? O mi ammazzi o mi denunci". Gli risposi che la vicenda non sarebbe finita lì. L’uomo incontra anche il fratello maggiore di Iamonte e il racconto in aula è lucido: «Era informato della vicenda e mi disse che credeva a suo fratello. Io risposi che credevo a mia figlia e lui mi disse “se decidi di fare qualcosa fammi sapere”». L’uomo insiste per presentare denuncia, ma sia la figlia che la moglie tentennano: «Poi – gli dicono – ce ne dobbiamo andare da Melito». Lui, però, va avanti e denuncia tutto. Il resto è storia nota.