L’ex procuratore aggiunto di Palermo, che è avvocato delle parti civili, commenta le dichiarazioni del boss di Cosa Nostra: «Confermano quanto dicevamo su Dell’Utri, Berlusconi e Forza Italia». Le accuse ai giornali: «Mentono o tacciono». E lancia un messaggio chiaro: «I veri responsabili delle stragi non hanno pagato»
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«Graviano ora ha il pallino in mano. Gli altri hanno paura che parli davvero». L’ex pubblico ministero Antonio Ingroia affida a Facebook le sue considerazioni in merito all’udienza del processo “’Ndrangheta stragista” nel corso della quale il boss Giuseppe Graviano, per la prima volta in assoluto, ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo sulle stragi di mafia e tutto il contesto che ruotò attorno a quel periodo. Compresi i presunti rapporti diretti fra il boss e l’ex premier Silvio Berlusconi.
Le dichiarazioni eclatanti di Graviano
Incontri che Graviano ha confermato direttamente, ricordando come ve ne sarebbero stati almeno tre a sua memoria nel periodo in cui era latitante. Circostanza che, a detta di Graviano, Berlusconi avrebbe conosciuto. Ma c’era di più a legare la famiglia mafiosa di Palermo con l’imprenditore simbolo della Milano degli anni ’80. Sarebbero stati i soldi a fare da collante fra Palermo e Milano. 20 miliardi di lire che il nonno materno di Graviano avrebbe deciso di raccogliere fra più uomini facoltosi dell’epoca da poter poi dare a Berlusconi al fine di investirli nelle sue società immobiliari e creare quell’immenso patrimonio che è oggi l’impero dell’ex Cavaliere.
Ingroia: «Graviano conferma tutto»
Per l’ex pubblico ministero che ha lavorato ai processi più importanti degli ultimi decenni in Sicilia, fra cui quello all’ex senatore Dell’Utri e quello riguardante la trattativa Stato-mafia, la scelta di Graviano di parlare rappresenta «un momento storico». Ingroia, fra l’altro, non è un mero spettatore del processo che si sta celebrando a Reggio Calabria. Ma è avvocato che rappresenta Ivana Fava, la figlia dell’appuntato Fava, uno dei carabinieri uccisi nell’agguato del 18 gennaio 1994 a Scilla.
‘Ndrangheta stragista, infatti, vuole ricostruire una verità processuale che permetta di stabilire se Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone siano i mandanti degli agguati ai carabinieri. Circostanza che Graviano ha seccamente smentito in aula allorquando ha affermato che lui non avrebbe mai potuto stare con quelli che avevano dato ospitalità ai suoi nemici. Ma, al netto delle dichiarazioni a sua discolpa, Graviano ha affermato nitidamente come vi fossero delle cointeressenze finanziarie fra la sua famiglia e Silvio Berlusconi.
Parole che hanno provocato la reazione di Ingroia: «Le dichiarazioni di Giuseppe Graviano che, quando avrà finito il pm Lombardo, interrogherò anche io nelle prossime udienze non sono altro che la conferma di quanto abbiamo già dimostrato nel processo Dell’Utri e poi nel processo Trattativa. Dell’Utri non era altro che l’ambasciatore di Cosa Nostra alla corte di Berlusconi per gli investimenti mafiosi prima e per il sostegno politico mafioso poi a Berlusconi-Dell’Utri-Forza Italia. Questi rapporti, dimostrati nel processo Dell’Utri - afferma Ingroia – hanno portato alla condanna definitiva di Dell’Utri, dimostrati nel processo Trattativa hanno portato alla condanna di primo grado in quel processo.
Ingroia: «Eravamo noi i visionari?»
Lo sfogo dell’ex pm si allarga anche a tutti coloro che ritenevano i pm visionari: «Eppure, per tutti eravamo solo visionari: i pm che hanno seguito il primo o il secondo processo, come Gozzo e Di Matteo, ed ancor di più chi come me li ha concepiti, avviati e portati avanti tutt’e due, e perfino tutti i giudici che hanno condannato nei vari gradi di giudizio dei due processi. Dicevano che le prove acquisite non valevano a niente perché Graviano aveva negato tutto. Ed ora che Graviano ha confermato, che diranno? Vergogna, devono solo provare vergogna le istituzioni di un Paese incapace di fare i conti col proprio passato, incapace di fare Giustizia, incapace dopo tanti anni a rendere piena giustizia alle vittime e ai loro familiari!».
L’accusa ai giornali
Ingroia se la prende anche con la stampa: «Tutti, ma proprio tutti i grandi opinionisti dei grandi giornaloni ad affannarsi per il troncare e sopire di manzoniana memoria. Cancellare la notizia, ignorandola, o precisare per ridimensionare. I più schierati precisano che Graviano è mafioso, quindi uomo di merda, e perciò inattendibile perché assassino, vedi la prima pagina de Il Giornale. I più soft, i furbi, i meno (apparentemente) schierati si sono affrettati a dire: chissà Graviano che oscuri obiettivi ha, chissà cosa vuole ottenere, chissà a chi manda messaggi criptici. Tutti ad ispirare diffidenza sulle possibili verità che Graviano ha già detto e potrà dire. Sbagliano tutti, sapendo di sbagliare. Perché hanno una paura fottuta».
«Graviano ha il pallino in mano, gli altri no»
Il messaggio di Ingroia è sibillino: «Io so cosa Graviano vuole dire ma siamo in una fase molto delicata e dovrò interrogare Graviano presto. Non credo sia opportuno che io anticipi le mie idee. Ma Graviano potrà aiutare la verità ed ha cominciato a farlo. E l’ha fatto pubblicamente. Questo conta».
Per l’ex pm Graviano ha ragione quando dice di non essere il “vero” responsabile delle stragi: «I “veri” responsabili sono i mandanti, non gli organizzatori ed esecutori. Solo che lui ha pagato. Gli altri no. Anzi, se ne sono avvalsi. Ne riparliamo, ma una cosa è certa: Graviano ora ha il pallino in mano, gli altri hanno paura che lui parli davvero, e gli mandano messaggi attraverso la stampa - loro a lui - per dissuaderlo. Il panico si diffonde. Siamo in un momento storico. Ne riparliamo».