Alta tensione in aula fra l’ex pm Ingroia e il boss di Cosa nostra che invita tutti a prendere il fascicolo sulla morte del padre: «Lì troverete tutte le risposte. Accertate la verità». E sull’ex ministro Mancino non vuole rispondere
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«Silvio Berlusconi fu il mandante delle stragi? Per il momento non lo ricordo. Andate a vedere gli atti del processo riguardante mio padre e troverete le risposte. Parlerò quando vedrò i fatti».
Sono parole cariche di rabbia quelle pronunciate dal boss Giuseppe Graviano al processo ‘Ndrangheta stragista. Incalzato dalle domande dell’avvocato di parte civile ed ex pm Antonio Ingroia, Graviano perde le staffe quando il legale comincia a parlare di Silvio Berlusconi. Sono vere e proprie scintille quelle fra il boss e l’avvocato, frutto forse più di tutto quello che i due si sono lasciati alle spalle nel corso degli anni.
«Berlusconi mandante?»
Ingroia non fa troppi giri di parole e, riprendendo le parole di Graviano delle scorse udienze circa il ruolo di imprenditori di Milano in quel periodo, fa una domanda diretta al boss: «Vuole dirci che Silvio Berlusconi fu il mandante delle stragi?». Graviano inizia ad alterarsi ed a parlare dell’omicidio del padre. È lì, secondo il boss, che sta la chiave di tutti i misteri degli ultimi anni: «È sufficiente aprire quel cassetto. Il pm Lombardo mi ha detto che farà accertamenti. Allora andate a prendere quel processo e scrivete la verità su come sono andati i fatti. Se qualcuno in questi 37 anni non ha esercitato la professione con tutti i crismi deve venire fuori. Io risponderò solo dopo aver visto i fatti riguardanti i responsabili della morte di mio padre». E poi: «I carabinieri devono dire la verità sul mio arresto e vedrete quante persone sono coinvolte e hanno interesse che io resti in carcere. E pure su via D’Amelio...».
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L’attacco alla magistratura
Poi c’è l’attacco alla magistratura: «Se qualcuno è stato fatto eroe, fra i vostri colleghi – dice Graviano rivolgendosi all’Ingroia ex pm – la storia ci insegna che le medaglie all’onore vengono tolte. Andate nel fascicolo del processo di mio padre. Lì c’è tutto. Pensate che Mandalà stava raccontando tutta la verità sui fatti, sull’agenda rossa. Poi ha deciso di non rispondere perché minacciato. Il presidente lo ammonì e lui disse «meglio prendere le denunce».
La rabbia del boss Graviano
Il tono dell’imputato sale sempre di più: «Non mi faccia parlare sui 40 anni di bugie che ci sono state raccontate. Cosa avete fatto, è stata una vergogna per 40 anni, voi non sapete quello che ho passato, stiamo andando oltre». Un tono talmente alto da costringere il presidente della Corte d’Assise, Ornella Pastore, ad ammonirlo circa la possibilità di allontanarlo dall’aula. Poi la risposta sintetica: «Su queste cose per il momento non ricordo».
«Su Mancino non rispondo»
L’ex pm chiede informazioni in merito all’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. «Voleva che si fermassero le stragi?». Anche qui Graviano tace: «Non posso rispondere». Così come non risponde sul progetto dell’omicidio del ministro.