Il mancato rispetto di un’ordinanza in vigore dal 1997 al Comune di Civita che pone precise indicazioni sui protocolli di sicurezza da rispettare nell’accesso alle gole del Raganello. La delibera – incapace di produrre i suoi effetti non avendo completato il suo iter, ha spiegato ieri lo stesso ministro dell’Ambiente Sergio Costa – con cui il Comune di Civita intende regolamentare l’accesso alle gole e renderle, appunto, “Gole sicure”. E poi i presunti mancati controlli in seno all’ente parco, la presenza di “guide non autorizzate” in quell’area. La presunta inerzia dopo l’allerta meteo lanciato dalla Protezione civile. Infine la parte più dolorosa: le presunte responsabilità di chi si è addentrato, quel giorno maledetto, all’interno del canyon.
Sono questi i punti chiave – dopo aver acquisito carteggi e prime testimonianze – attorno ai quali si muove la Procura di Castrovillari guidata da Eugenio Facciolla che, come scrive stamani sul Quotidiano del Sud Paolo Orofino, nell’arco delle prossime quarantotto ore potrebbe operare le prime iscrizioni sul registro degli indagati e spiccare i primi provvedimenti di garanzia dopo la strage provocata dalla piena del Raganello. Il fascicolo è aperto per omicidio colposo plurimo, lezioni colpose, inondazione e omissioni d’atti d’ufficio. Come ha spiegato lo stesso ministro Costa, bisogna capire chi doveva fare cosa e non ha fatto. Perché l’Italia è stanca di piangere morti ed è stanca di una classe dirigente che rifugge dalle proprie responsabilità.

 

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