La Procura di Crotone sequestra i telefoni personali e di servizio. Il caicco agganciato per la prima volta sui monitor intorno alle 3.30 vicino Le Castella e monitorato per trenta minuti. Ma dalle sale operative: «Non battiamo nulla»
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Sono tre le persone indagate dalla Procura di Crotone per i reati di naufragio colposo, rifiuto ed omissione di atti d'ufficio nell'ambito dell'indagine sul naufragio avvenuto all'alba dello scorso 26 febbraio a pochi metri dalla costa di Steccato di Cutro provocando la morte di 94 migranti e un numero ancora imprecisato di dispersi.
Si tratta, nello specifico, di Alberto Lippolis, 48 anni, comandante del Roan della Guardia di Finanza di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, 52 anni, luogotenente della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e Nicolino Vardaro, 50 anni, comandante del Gruppo Aereonavale della Guardia di Finanza di Taranto. Nel decreto di perquisizione personale emesso questa mattina dalla Procura di Crotone risultano almeno altri tre indagati, i cui nomi allo stato sono coperti da omissis.
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La perquisizione di telefoni cellulari, smartphone personali o di servizio e di qualsiasi altro strumento di comunicazione è stata disposta dal sostituto procuratore, Pasquale Festa titolare del fascicolo d'indagine, poiché «dalla lettura degli atti emerge che gli operatori della Guardia di Finanza hanno utilizzato per le comunicazioni anche i telefoni privati o di servizio».
Nel decreto di perquisizione si legge, infatti, che «al fine di procedere ad una compiuta ricostruzione del fatto e comprendere le ragioni sottese a simili scelte operative, al ritardo accumulato nell'operazione della Guardia di Finanza e alla mancata comunicazione della posizione del natante alla CP si cercava di acquisire le comunicazioni ma sul server in uso alla Guardia di Finanza non veniva ritrovata alcuna traccia audio».
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Negli atti dell'inchiesta, tuttavia, si cerca di ricostruire quel che avvenuto nelle ore immediatamente antecedenti al tragico naufragio. E le lancette dell'orologio vengono spostate indietro alle ore 22.26 del 25 febbraio quando l'aereo Egle1 impegnato nel servizio di controllo della frontiera europea per conto di Frontex individua un target "sospetto" «verosimilmente diretto verso le coste calabresi» e invia la segnalazione all'ufficio competente a Varsavia. Comunicazione reinoltrata alle ore 23.03 al centro di coordinamento dei soccorsi di Pratica di Mare e per conoscenza al Viminale e all'Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordination Centre) per segnalare l'avvistamento.
«Una persona sul ponte superiore, possibile persone aggiuntive sottocoperta, giubbotti salvataggio non visibili, buona galleggiabilità, nessuna persona in acqua, stato del mare 4, rilevata telefonata satellitare dalla barca verso la Turchia, portelli aperti a prua, significativa risposta termica dai boccaporti». Questo il tenore della comunicazione trasmessa dal comando generale della Guardia di Finanza di Roma ai Roan di Vibo Valentia, di Palermo e di Bari e giunta anche alla sala di controllo del Gan di Taranto.
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Nel frattempo, alle 23.30 il comando generale della Guardia Costiera apriva un fascicolo classificandolo come «evento migratorio» e notiziava la direzione marittima territorialmente competente, Mrsc di Reggio Calabria, ma senza impartire particolari indicazioni. Il Roan di Vibo Valentia - il luogotenente Lopresti e il comandante Lippolis - invece, disponeva l'impiego di una motovedetta e in una conversazione intercorsa con la Guardia Costiera, dopo aver informato il capo turno della sala operativa della disposizione riceveva come risposta la disponibilità ad allertare una loro unità «dispiegata presso l'UCG di Crotone o in alternativa di Roccella Ionica».
Tuttavia, secondo quanto si legge nelle carte dell'inchiesta «nonostante quanto riferito alla sala operativa della CP e attestato da Lopresti dall'annotazione redatta dal comandante della vedetta, emergeva che l'imbarcazione in quei momenti lungi dall'essere in navigazione alla ricerca del target si trovava in realtà all'interno del porto di Crotone. Nello specifico, nella relazione di servizio si specificava: "Valutati i dati cinematici al momento in possesso e nelle more di ricevere un possibile ed eventuale aggiornamento della posizione del target così da indirizzare e restringere l'area di ricerca la vedetta rientrava nel porto vecchio per eseguire una puggiata operativa finalizzata al rifornimento carburante e vi rimaneva fino alle ore 02.20 del 26 febbraio».
«Appare ragionevole ritenere - si legge ancora nelle carte dell'inchiesta - che a causa dell'impossibilità di impiegare la vedetta (della Guardia di Finanza ndr) veniva richiesta al Gan di Taranto, comandato da Nicolino Vardaro, l'impiego del pattugliatore "Barbarisi" distaccato il giorno prima dal porto pugliese per prestare servizio a Crotone». Alle 23.26 il comandante Vardaro viene notiziato della necessità di impiegare il pattugliatore ma nonostante fosse stato informato «che l'imbarcazione da intercettare sarebbe arrivata nelle acque territoriali italiane intorno alle ore 03.00 impartiva l'ordine di salpare alle ore 02.10, solo dopo aver ricevuto alcuni solleciti da Lopresti».
Secondo la Procura, poi, il giornale di chiesuola «presenta significative anomalie. Le modalità di redazione del giornale - si legge negli atti - inducono a ritenere che le circostanze presenti alle pagine 37, 38, 39 e 40, verificatesi in momenti antecedenti al disastro, quindi in una situazione di non emergenza, siano state annotate successivamente ai fatti».
Dalle analisi delle tracce del radar emerge, inoltre, che «il natante oggetto di segnalazione era stato agganciato per la prima volta alle ore 03.34 a distanza di sei chilometri dalla costa di località Le Castella e di tredici chilometri dalla foce del torrente Tacina (luogo in cui avverrà poi il naufragio) e veniva monitorato per circa 38 minuti, con ultimo aggancio avvenuto alle 04.12 ad una distanza di tre chilometri dalla foce del torrente Tacina». Nonostante ciò in una conversazione intercorsa tra l'operatore della sala operativa del Roan di Vibo Valentia e l'operatore della Mrsc di Reggio Calabria e sebbene il target fosse monitorato da circa 24 minuti si riferiva che: «Anche noi dal radar al momento non battiamo nulla».