Due sentenze a vent’anni di reclusione ciascuno con tre milioni di risarcimento molto probabilmente mai reclamabili, entrambe da rito abbreviato, ed altre tre condanne che, altrettanto probabilmente, arriveranno agli altri tre scafisti della Summer Love, alla sbarra nel rito ordinario sempre pendente nel Tribunale di Crotone che vedrà la prossima udienza, una delle ultimissime, il prossimo 30 luglio; con il processo alla catena dei soccorsi che invece può ancora attendere.

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In tutti questi procedimenti, centrali, sono diventate le testimonianze del superstite iraniano Mojtaba Rezapourmoghaddam che assieme al figlio riuscì ad “abbracciare un pezzo del caicco” frantumatosi sulla secca di Steccato di Cutro per trovare salvezza senza “scontare” la condanna di ciò che rimarrà, per sempre, nei suoi occhi e nel suo cuore: «Ogni tanto, e non solo durante queste testimonianze in tribunale, mi passa davanti tutto ciò che è successo quella notte».

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Oggi è un uomo completamente diverso, soprattutto perché è quasi certamente l’unico ad aver beneficiato del ricongiungimento anche grazie ad un lavoro trovato nella pasticceria Sweet sul lungomare di Crotone. Rezapourmoghaddam ad aprile dello scorso anno era arrabbiato e feroce, proprio in una delle prime udienze del rito ordinario contro il pakistano di 25 anni (Khalid Arslan), il turco di 50 anni (Sami Fuat) e l’altro sempre di nazionalità turca (Gun Ufuk), che era collegato in via telematica da Graz in Austria, dove fu rintracciato in fuga per poi essere stralciato in rito abbreviato, in cui subì la prima condanna a vent’anni. In quell'ocacsione riuscì a ripercorrere lucidamente, passo passo, il lunghissimo viaggio che ha avuto inizio da Istanbul fino alle tragiche ore notturne dell’impatto a Steccato, tra gli ottomila euro versati, le 10 ore di viaggio su gomma e i modi «maleducati» (così tradusse l’interprete) degli stessi pakistani a cui furono affidati già prima dell’imbarco, fino allo scambio di scafo dopo cinque ore di navigazione, e che oggi non gli ha impedito di diversificare ruoli dei responsabili in viaggio, prima ancora, con noi, di rammentare chi non ce l’ha fatta: «Mi ricordo ancora quando ad Istanbul, prima di imbarcarci a Smirne, eravamo tutti uniti per poi essere divisi in furgoni e ritrovarci sulla barca vicini al mare».

Ma se le giornate tra il 3 ed il 5 luglio in tribunale sono state segnate dal ricordo del passato, tra il riconoscimento del terzo “presunto” scafista Ishaq Hassan, riportato nell’ordinario dopo aver cercato di “passare” per minore, e la condanna del 26enne Mohamed Abdessalem in abbreviato con una sentenza identica a quella che ha sancito la condanna di Ufuk Gun a febbraio scorso; oggi, e non solo per Mojtaba, è il momento di un dolore rinnovato per i morti di Roccella.

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Il brusco capolinea di Steccato per almeno 94 esistenze (tra cui quelle di 36 minori) sulla strada di un futuro negato, non è servito. Forse anche i tanti nostri speciali di allora e quelli di oggi su Roccella servono a poco. C’è un mondo, certamente messo molto peggio di allora, che è pronto a “ricevere” e raccontare la via che conduce a nuove tragedie da lastricare con reportage utili ad una misericordia che fa audience. (Rivedi il nostro speciale a un anno dal naufragio)

I 25 minori morti a Roccella tre settimane fa diventano così “pari” ad uno degli scafisti che si sarebbe suicidato dopo aver visto i figli morire, o ai parenti delle vittime sballottolati tra Roccella e Locri con salme che arrivavano a Crotone che pure è senza anatomia patologica.

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Anzi c’è stato un evidente peggioramento rispetto a ciò che è stato vissuto tra Crotone e Cutro: a Roccella si è dovuto assistere al caso solo emblematico di chi dall’Inghilterra alla Calabria è arrivato invano per riconoscere la cognata incinta morta in mare, visto il muro di gomma che continua a respingere la stampa mentre superstiti e familiari vengono sballottati da un posto all'altro.

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Così a Mojtaba Rezapourmoghaddam non rimane altro che “stringere” con ancora più forza la consapevolezza del privilegio di una posizione attuale assolutamente unica più che rara, condita da un inizio della conoscenza della nostra lingua, che inizia a fare la differenza: «Dico che tutta la gente della città di Crotone ha dato un amore a noi tutti quanti - aggiungendo in italiano nitido - io oggi sono pasticcere, lavoro in gelateria con due, tre persone che lavorano con me, con mia moglie ed i miei bambini qua assieme a me grazie all’affitto di una casa, grazie Crotone, grazie Italia, grazie!». A sottolineare che le storie a lieto fine sono possibili, e forse cinicamente utili a dimostrare che tutto può tranquillamente procedere con questo mondo contemporaneo sempre più travestito di modernità.