Un monumento allo spreco, sì… Un monumento alla malapolitica, alla malaimprenditoria. E pure alla malagiustizia. Vibo Valentia, ecco la Strada del mare oggi: la più grande e costosa opera viaria mai progettata nella provincia, l’eterna incompiuta. Lavori per 65milioni di euro mai terminati, il progetto (il sogno, svanito) di collegare le magnifiche località della Costa degli dei (Tropea, Capo Vaticano, Zambrone, Briatico, Pizzo…) con lo svincolo autostradale di Sant’Onofrio, quindi col resto d’Italia.

 

Oggi sembra il set di un film post-apocalittico. E siamo quindici anni dopo – correva il remoto 2005 - l’aggiudicazione della gara all’Ati guidata dall’impresa Restuccia. Un’arteria interdetta al traffico, ad uso esclusivo delle proprietà private che esistono in questa zona.

Undici anni più avanti, un’inchiesta della Procura di Vibo e della Guardia di finanza mise a nudo un presunto sistema di illeciti imbastito in seno all’amministrazione provinciale di Vibo Valentia, che per favorire l’impresa aggiudicataria dei lavori, certificando stati di avanzamento dei lavori che invece procedevano malissimo e a passo di lumaca.

Il 4 marzo del 2016 il blitz dei finanzieri ed un sequestro beni per 5 milioni di euro. Solo il 31 ottobre 2019 il rinvio a giudizio degli imputati: il principale dei quali, il costruttore Vincenzo Restuccia, colpito da altre vicende giudiziarie e da un clamoroso crack finanziario, è deceduto nel 2017.

Il processo, stante il lungo lockdown per l’emergenza Covid, entrerà nel vivo solo nel 2021. Su di esso incombono già i termini per la prescrizione del reato. Tutto ciò, mentre la Strada del mare resta lì: la più grande e costosa incompiuta, testimone della qualità espressa dalla classe dirigente degli ultimi vent’anni