Ridotto a due milioni di euro il danno da risarcire alla Provincia per la mancata realizzazione della più importante opera pubblica del Vibonese
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Sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti calabrese in relazione al danno causato dalla mancata realizzazione della Strada del Mare. In particolare, la Procura generale della Corte dei Conti aveva chiesto di riformare l’erronea dichiarazione di prescrizione dell’azione erariale con riferimento al danno da mancata realizzazione della Strada del Mare e per l’effetto di non dichiarare estinto il diritto al risarcimento del conseguente danno per oltre dieci milioni di euro (10.508.949,39 euro) contestato all’ex dirigente della Provincia di Vibo Valentia Giuseppe Francesco Teti, 68 anni, di Filogaso, e al funzionario Antonio Francolino, 54 anni, di Vibo Valentia.
In primo grado per danno da errata contabilizzazione, Teti è stato condannato a risarcire la Provincia di Vibo per la somma di 3.899.691,92 euro, mentre Francolino è stato condannato a pagare 974.922,28 euro. Dopo un annullamento con rinvio ad opera della prima sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti di Roma è ora arrivata la nuova sentenza della Corte dei Conti calabrese con la quantificazione di un danno risarcibile per due milioni di euro.
L’ingegnere Giuseppe Francesco Teti dovrà pagare la somma finale di 400mila euro (oltre accessori e rivalutazione monetaria), mentre Antonio Francolino è stato condannato al pagamento di 1.600.000,00 euro (oltre accessori e rivalutazione monetaria).
Le motivazioni del verdetto
Per i giudici contabili, nel caso di specie il danno erariale consiste primariamente nella perdita del valore d’uso temporaneo (sino al rispristino funzionale delle stesse) delle opere della Strada del Mare costruite, “fatta eccezione per la galleria Joppolo/Coccorino dove – rimarcano i giudici in sentenza – è necessario un intervento riparatore ad hoc”, visto che si è rovinato irrimediabilmente e pericolosamente un costone roccioso per un’opera inutile.
La Corte dei Conti ha poi ritenuto che il danno risarcibile a loro imputabile debba essere rimodulato in ragione di almeno due dati di fatto. Il primo: un terzo dei lavori è stato ultimato e i due terzi sono ultimabili. Di questi due terzi, inoltre, la c.d. “variante di Pizzo” è riattivabile in breve tempo e con spese modeste nell’ambito delle risorse disponibili. Il secondo dato è che le “spese altre” da quelle aventi per oggetto i lavori eseguiti, non sono inutilizzabili in senso assoluto.
Responsabilità non solo di Teti e Francolino
Per la Corte dei Conti deve pure essere considerato, “per come emergente evidente dagli atti”, che la Strada del Mare ha avuto una “procedura complessa in tempi ristretti che ha coinvolto più soggetti per cui – in assenza di ulteriori contestazioni da parte della Procura – il Collegio ritiene che non sia ragionevole, sul terreno eziologico, addossare la responsabilità del mancato completamento dell’intera opera esclusivamente in capo ai due convenuti Teti e Francolino, per quanto le loro responsabilità nei momenti procedurali, dalla Procura correttamente, individuati siano piene ed evidenti”.
Il danno con la tentata realizzazione della galleria a Coccorino
Alcune opere sono state tuttavia realizzate e da qui la diminuzione del danno totale da risarcire (da 10.508.949,39 euro a due milioni di euro). Alla base della rimodulazione delle condanne la non condivisione da parte della Corte dei Conti della sostanziale identificazione, contemplata nella domanda della Procura contabile, tra il totale della spesa sostenuta e l’importo del danno erariale risarcendo. “La stessa Commissione ispettiva interna infatti – scrivono i giudici in sentenza – conclude che, se è vero che l’intero progetto non è stato realizzato, è altrettanto vero che non tutto ciò che è stato fatto è andato perduto”.
Per la Corte dei Conti l’azione di responsabilità per danno da mancato completamento dell’opera pubblica denominata Strada del mare tra la SS 522 e la SS18, è fondata. Antonio Francolino, attuale responsabile del settore Viabilità della Provincia, era il responsabile unico del procedimento per la costruzione della Strada del Mare, mentre Giuseppe Francesco Teti era il direttore dei lavori.
Per la Corte dei Conti, le omissioni contestate all’allora rup Antonio Francolino sono “gravemente colpose alla luce delle evidenze processuali e in connessione causale diretta col mancato completamento della Strada del Mare”. In particolare, al rup è stata contestata “la mancata redazione del documento preliminare di progettazione, la mancata convocazione delle conferenze di servizi, la mancata acquisizione dei necessari pareri per l’effettiva cantierabilità dell’opera, la validazione di progetti lacunosi nella piena consapevolezza che lo fossero, il superficiale rinvio di dette problematiche alla fase costruttiva, il mancato ricorso allo strumento della risoluzione contrattuale, la tardiva convocazione della commissione di collaudo”.
Anche le omissioni del direttore dei lavori, Giuseppe Francesco Teti, per la Corte dei Contisono state ritenute “gravemente colpose e in connessione causale diretta col danno da mancato completamento dell’opera”. Giuseppe Teti era difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo ed è quindi passato da una richiesta di risarcimento danni iniziale di 13 milioni di euro a 400mila euro, mentre Antonio Francolino era difeso dagli avvocati Vincenzo Belvedere e Loredana De Masi.
Della mancata realizzazione della Strada del Mare – sicuramente uno dei principali scandali del Vibonese – se ne è discusso anche in sede penale, atteso che il 31 ottobre dello scorso anno il gup del Tribunale di Vibo Valentia ha rinviato a giudizio, oltre ad Antonio Francolino e Giuseppe Francesco Teti, anche Antonino Scidà, 54 anni, direttore tecnico delle imprese di Vincenzo Restuccia; Giacomo Consoli, 68 anni, di Vibo Valentia, ex dirigente dell’ufficio Lavori Pubblici della Provincia di Vibo Valentia. Un quinto indagato – l’imprenditore Vincenzo Restuccia di Rombiolo – è nel frattempo deceduto (27 dicembre 2017). Tuttavia l’8 settembre scorso il Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Chiara Sapia (a latere Claudia Caputo e Giorgia Ricotti) ha dichiarato per tutti gli imputati il non luogo a procedere per prescrizione di tutti i reati contestati.
Le ipotesi accusatorie in sede penale partivano dalla gestione della progettazione dell’opera per arrivare sino alla sua approvazione da parte della direzione lavori e del responsabile del procedimento. Secondo quanto accertato dalla Guardia di finanza, in ben undici casi era stato dichiarato lo stato di avanzamento dei lavori che aveva consentito, a favore dell’impresa aggiudicataria, il pagamento di importi nettamente superiori rispetto a quelli corrispondenti al valore dei lavori effettivamente realizzati. Per la Procura, quindi, le somme di ogni singolo stato di avanzamento lavori sarebbero state artatamente “gonfiate” concordando la percentuale da applicare di volta in volta e inserendo indebitamente lavori non previsti nel progetto iniziale, sul falso presupposto che fossero necessari per l’esecuzione a regola d’arte.