Ipotizzato un danno erariale di un milione e mezzo di euro. In otto citati in giudizio: «Tutti sapevano ma nessuno ha fatto niente». I dirigenti pur consapevoli «avrebbero scelto di tacere»
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Si sarebbe assentato dal lavoro per ben 15 anni ma nonostante ciò avrebbe continuato a percepire regolarmente lo stipendio grazie ai «comportamenti omissivi dei dirigenti e dei funzionari coinvolti». Sono queste, in estrema sintesi, le ragioni che hanno, infine, indotto la Procura della Corte dei Conti a citare in giudizio per un presunto danno erariale di un milione e mezzo di euro Salvatore Scumace, dipendente fantasma dell’azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio di Catanzaro, e altri otto tra ex e attuali funzionari e dirigenti amministrativi.
Citati in giudizio
In particolare, la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha citato in giudizio oltre che Salvatore Scumace, anche Maria Catena Cuffari, in qualità di responsabile del centro operativo emergenza incendi dal luglio 2005 al 2009; Nino Critelli, responsabile del centro dal 2010 al 2019; Salvatore Calabretta, dirigente dell’area risorse umane dell’azienda ospedaliera dal 1999 al 2011; Vittorio Prejanò, dirigente dell’area risorse umane dal luglio 2011 a settembre 2011 e poi di nuovo dal settembre 2013 al gennaio 2019; Massimo Esposito, dirigente dell’area risorse umane dal settembre 2011 al settembre 2013; Maria Pia De Vito, dirigente dell’area risorse umane da febbraio 2019 all’agosto 2020; Giuseppe Scalzo, responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale dal 1993 al 2015 e Francesco Citriniti, titolare della posizione organizzativa dei flussi informativi all’interno dell’area risorse umane dal settembre 2008 ad oggi.
Assenteista seriale
La vicenda trae origine dall’inchiesta condotta dalla Procura di Catanzaro nei confronti di Salvatore Scumace ed altri dipendenti dell’azienda ospedaliera. Ad essere contestate le medesime condotte assenteiste del presunto dipendente fantasma che non si sarebbe presentato al lavoro dal 2005 al 2020, continuando a percepire lo stipendio e così procurandosi un ingiusto profitto del valore di 538mila euro. Nei giorni scorsi il gup del Tribunale di Catanzaro ha disposto il rinvio a giudizio nei confronti di Salvatore Scumace e ad altri due dipendenti dell’azienda ospedaliera: Nino Critelli e Maria Pia De Vito.
Danno erariale di un milione e mezzo
Netto il giudizio del pubblico ministero della Procura della Corte dei Conti, Gianpiero Madeo, che ha messo in fila i fatti contestando un danno erariale di un milione e mezzo. «Tutti sapevano, ma nessuno ha fatto niente», così nel calderone dell’inchiesta contabile ci sono finiti anche gli ex dirigenti e funzionari dell’azienda accusati di aver «intenzionalmente scelto di tacere perché condizionati dalla paura o probabilmente da quel sentimento di indifferenza, omertà, disinteresse, rinuncia, accondiscendenza con il crimine, quieto vivere che spesso connota la condotta di chi si gira dall’altra parte senza far nulla, in particolare, quando sono in discussione interessi pubblici e non privatistici».
La storia
Dal 26 luglio 2005 fino a settembre 2020, infatti, il dipendente avrebbe continuato a percepire lo e ciò, secondo la ricostruzione del nucleo di polizia economico finanziario della guardia di finanza, sarebbe stato possibile grazie a «condotte intimidatorie e minacciose che hanno trovato terreno fertile nel substrato culturale omertoso che ha caratterizzato chi all’interno dell’ospedale sapeva e doveva controllare, ma non ha fatto nulla».
15 anni senza lavorare
Nel luglio del 2005 il dipendente viene assegnato al nascente centro operativo emergenza e incendi ma già dopo qualche giorno avrebbe dichiarato al responsabile di non essere disponibile a lavorare. E dalle parole ai fatti: dopo circa cinque mesi dall’assegnazione il responsabile del centro «sarebbe stato raggiunto in ufficio da un individuo che non conosceva, il quale gli intimava di non creare problemi allo Scumace minacciando lui e i suoi figli e fornendo dettagli sulla sua vita privata». La stessa Guardia di Finanza avrebbe poi riscontrato come il dipendente «si era ripetutamente interfacciato per telefono con diversi soggetti aventi rilevanti precedenti di polizia, riconducibili agli ambienti della criminalità organizzata calabrese», attraverso l’esame dei tabulati telefonici.
Premio produttività
Il caso viene successivamente in luce solo nel giugno del 2020, quando Salvatore Scumace si ripresenta al lavoro dopo 15 anni e pretende di ricevere «ulteriori somme, derivanti dall’inquadramento in un maggior livello». «Tale vicenda è esplicativa – annota il pubblico ministero – al fine di comprendere quale fosse il senso di impunità che ha caratterizzato la condotta dello Scumace e il disprezzo che lo stesso aveva della cosa pubblica e dei propri obblighi». Solo allora inizia la procedura di segnalazione alla commissione di disciplina che si completerà nell’ottobre del 2020 con il licenziamento senza preavviso.
L'ex commissario Zuccatelli
«I militari nell’ascoltare tutti i soggetti coinvolti in tale vicenda hanno sostanzialmente ricostruito un clima di inquietante omertà all’interno dell’ospedale, squarciato solamente dopo ben 15 anni, quando la vicenda è giunta a conoscenza dei vertici della struttura sanitaria, cioè del direttore amministrativo Mantella e del commissario Zuccatelli».
Il danno d'immagine
Oltre al danno erariale derivante dall’aver versato puntualmente lo stipendio ad un dipendente assente, se ne ipotizza anche uno d’immagine all’azienda ospedaliera che è quantificato in un milione di euro. In tal senso, la Procura passa in rassegna tutte le testate giornalistiche dove è comparsa la notizia dell’avvio del procedimento penale; dieci pagine di agenzie, emittenti televisive, testate online regionali, nazionali e perfino internazionali tra cui, per citarne alcune, figurano anche Bbc, The Guardian, The New York Times, El Mundo e Der Spiegel.
Nessuno ha fatto niente
Anche in questo caso, pari responsabilità vengono ravvisate sia nei confronti del dipendente infedele che dei funzionari pubblici. «Il danno erariale risulta riconducibile – annota il pm – con un nesso di causalità diretto non solo alla condotta dello Scumace ma anche all’agire dei dirigenti e dei funzionari coinvolti che, nonostante consapevoli della condotta illecita, non hanno attuato le azioni necessarie per correggerla o farne terminare gli effetti, pur avendone un obbligo giuridico». Insomma, tutti sapevano ma nessuno ha fatto niente.
Dolo
«L’azione omissiva è stata per tutti connotata da dolo» lo si legge nell’atto di citazione. «In quanto è provato agli atti che gli stessi fossero ben consapevoli della condotta illecita posta in essere dallo Scumace e dell’obbligo gravante sugli stessi di intervenire segnalando e denunciando l’illecito agli uffici amministrativi competenti e alle Procure della Corte dei Conti e della Repubblica».
I responsabili del Coei
«Infatti, Cuffari e Scalzo dichiarano esplicitamente di sapere della condotta assenteista e di non aver fatto nulla per timore, come risulta dai verbali agli atti – ricostruiscono Finanza e Procura - mentre Critelli nega di sapere che Scumace lavorasse nel suo settore, circostanza, però smentita dalle evidenze istruttorie. Infatti, sussistono agli atti elementi circostanziati che attestano il contrario».
Area risorse umane
«Per quanto riguarda i responsabili dell’area risorse umane non è ipotizzabile che gli stessi non fossero a conoscenza della condotta assenteista – annota il pm - considerato che le mancate timbrature evidenziavano necessariamente al suddetto ufficio il debito orario dello stesso e considerato che dal coei non è mai giunta alcuna nota che giustificasse le suddette assenze. Per quanto riguarda Calabretta risulta nello specifico che lo stesso fosse direttamente informato della condotta assenteista dello Scumace». Il pubblico ministero riporta, quindi, una serie di note a lui inviate in cui si segnalava «l’ingiustificato assenteismo».
Flussi informativi
«Infine, relativamente al responsabile del settore flussi informativi, Citriniti, risulta che lui stesso dichiarava di sapere della condotta assenteista e di quale fossero gli adempimenti su di lui gravanti per segnalare le assenze».
Difese infondate
Il pubblico ministero ha ritenute infondate tutte le argomentazioni difensive e ha avanzato richiesta di risarcimento. Tutti in concorso e in solido con Salvatore Scumace dovranno rispondere sia del danno di immagine subito dall’azienda ospedaliera quantificato dalla Procura della Corte dei Conti in oltre un milione di euro che del danno patrimoniale causato dal pagamento dello stipendio al presunto dipendente fantasma che ammonta a mezzo milione di euro.
Danno di un milione e mezzo
Nello specifico, del danno patrimoniale di mezzo milione di euro dovranno rispondete in solido con Scumace anche:
- Maria Catena Cuffari, per l’intero importo in quanto la sua condotta si pone in rapporto di causalità diretto con il complessivo danno patrimoniale arrecato;
- Nino Critelli, per la somma di 381mila euro considerato che il suo contributo causale al danno erariale decorre dal 2010 in poi;
- Salvatore Calabretta, per l’intero importo in quanto la sua condotta si pone in rapporto di causalità diretto con il complessivo danno patrimoniale arrecato;
- Vittorio Prejanò per la somma di 367mila euro considerato che il suo contributo causale al danno erariale decorre dal luglio 2011 in poi;
- Massimo Esposito, per la somma di 362mila euro considerato che il suo contributo causale al danno erariale decorre da settembre 2011 in poi;
- Maria Pia De Vito per la somma di 38mila euro considerato che il suo contributo causale al danno erariale decorre dal febbraio 2019;
- Giuseppe Scalzo, per l’intero importo in quanto la sua condotta si pone in rapporto di causalità diretto con il complessivo danno erariale arrecato;
- Francesco Citriniti per la somma di 425mila euro considerato che il suo contributo causale al danno erariale decorre dal settembre 2008 in poi.