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«Graviano mi diede l'incarico di organizzare il rapimento del piccolo Di Matteo, nel corso di una riunione alla presenza di Leoluca Bagarella». Lo ha affermato il pentito Gaspare Spatuzza che sta deponendo al processo "'Ndrangheta stragista" che vede imputati Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone per l'omicidio dei Carabinieri Fava e Garofalo e gli attentati agli uomini dell'Arma. Il piccolo, Giuseppe Di Matteo, fu rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993, quando aveva quasi 13 anni. Fu prigioniero dei corleonesi per 779 giorni, fu infine ucciso l’11 gennaio 1996.
Il pentito sta ora affrontando il tema degli esplosivi che ha procurato per le stragi. «Ho partecipato a tutte le stragi di mafia. Ho fatto parte di un'associazione terroristico mafiosa chiamata Cosa Nostra. Era qualcosa più di una semplice associazione mafiosa. Non era più la vecchia Cosa Nostra. Eravamo qualche cosa di diverso» - ha spiegato ancora illustrando le ragioni che lo hanno condotto al pentimento: «Non ne potevo più di quella vita. Ne parlai con Graviano, gli dissi che volevo uscire da Cosa Nostra. Mi disse di sì temendo che potessi pentirmi. Iniziai un percorso spirituale che mi portò a questa scelta».
Il fallito tentato all'Olimpico
«Graviano mi disse che dovevamo fare come in Calabria». Lo ha detto il pentito Gaspare Spatuzza al processo ndrangheta stragista in corso a Reggio Calabria, riferendosi agli attentati ai carabinieri. Il pentito sta illustrando come nacque il fallito attentato all'Olimpico. «Avevamo fatto un furto di targhe e vengono portate in un capannone che avevamo a disposizione fuori Roma. Abbiamo tutto pronto per la domenica. I piani erano di sistemare la Thema piena di esplosivi, preparare l'occorrente perché c'era una parte di elettronica. L'attentato doveva avvenire con un telecomando. Domenica verso le 12.30 ci ritroviamo al capannone. Perché lì c'era il problema del posteggio. E siamo partiti in direzione dello stadio. Il piano era quello di azionare la parte elettronica così da farla detonare con il telecomando. La Thema è stata posteggiata e ci siamo recati in un villetta lì vicino in attesa che terminasse la partita. Avevamo un luogo sollevato, forse Montemario, dove osservare tutto. Eravamo in attesa che passassero i Carabinieri. Ad un certo punto si muovono i pullman di carabinieri. Quando arriva nel punto dove era stata posteggiata l'auto e c'erano pure quelli a cavallo, viene azionato il telecomando ma non dà impulso per la deflagrazione. Io ero accanto a Benigno, incaricato di farlo esplodere.
I Carabinieri erano passati e decidiamo di interrompere l'azione perché a morire non erano più i carabinieri ma i civili. E dissi di sospendere tutto. Scendiamo e Benigno continua a schiacciare arrabbiato».
Il processo aggiustato
«Quando parli con un calabrese di quella fascia, dei Piromalli, c’è un rapporto molto amichevole, specie con i Piromalli. Seppi da Mariano Agate che erano state date due tranche da 500 milioni di lire ai calabresi per aggiustare un processo che poi capii essere “Golden market”». Ha riferito ancora Spatuzza nel corso del processo.
«Graviano mi disse di ricusare il presidente nell’ultima udienza del processo “Golden market”. La corte da lì a qualche giorno in camera di consiglio ha condannato tutti. A me inizia il processo, ma non so come sono stato assolto. Quando il processo arriva in Cassazione, e tutti erano stati condannati all’ergastolo, successivamente c’è la mia sentenza di assoluzione e i giudici annullano le condanne all’ergastolo. È un’anomalia perché se Graviano mi dice in quel modo e poi vengo assolto e il processo cade a terra…».