Per il giudice l’azione è stata portata a termine con «violenza inaudita». Accuse ai figli di due capi del locale di ’ndrangheta di Ariola: «Modalità pianificate e gravissime»
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Una vera e propria “azione punitiva” scattata ai danni dell’argentino Jeremias Lovrovich la sera del Natale scorso. Una missione alla quale avrebbero preso parte quattro persone, una ancora da identificare in quanto incappucciata e con volto coperto al momento dei fatti, mentre altre tre sono state arrestate dai carabinieri su ordinanza del gip e portate in carcere. Si tratta di: Giuliano Nardo, 20 anni, di Sorianello (difeso dagli avvocati Giuseppe Orecchio e Vincenzo Cicino); Michele Idà, 27 anni, di Gerocarne (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo) e Nazzareno Salvatore Emanuele, 19 anni, anche lui di Gerocarne (assistito dall’avvocato Giuseppe Di Renzo).
Devono rispondere in concorso tra loro dei reati di lesioni personali aggravate, porto ed esplosione di colpi d’arma da fuoco, violazione di domicilio e danneggiamento. Michele Idà è figlio del 59enne Franco (“Nuccio”) Idà, cognato del boss ergastolano Bruno Emanuele. Franco Idà è tornato totalmente libero senza alcuna misura nel luglio 2022 dopo aver scontato la condanna per associazione mafiosa e narcotraffico (11 anni e 6 mesi) nell’operazione “Luce nei boschi”. Nazzareno Salvatore Emanuele è invece il figlio di Gaetano Emanuele (fratello di Bruno Emanuele) e da ieri ufficialmente latitante a seguito del decreto emesso dall’autorità giudiziaria a seguito della sua irreperibilità per l’operazione antimafia che il 21 giugno scorso ha fatto luce sulla “Strage di Ariola” avvenuta il 25 ottobre 2003 con tre morti ed un ferito. Gaetano Emanuele era ritornato in libertà dopo aver scontato la condanna per narcotraffico e associazione mafiosa quale esponente di spicco del “locale” di ‘ndrangheta di Ariola.
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La sparatoria a Sorianello
Tutto ha inizio da un’aggressione avvenuta al “Bar Nardo” di Sorianello seguita da una sparatoria nell’abitazione di Jeremias Lovrovich. I carabinieri nell’immediatezza dei fatti, e dopo la denuncia del giovane argentino, avevano repertato e sequestrato quattro bossoli di pistola calibro 7,65 browning, rinvenuti uno all’interno della camera da letto e gli altri tre sulla pubblica via. Le immagini riprese da una telecamera di un impianto di videosorveglianza, installato nell’immobile che ospita l’abitazione di Lovrovich, hanno permesso ai militari dell’Arma di riconoscere Michele Idà mentre impugnava una pistola in mano che veniva poi ceduta a Nazzareno Salvatore Emanuele nelle concitate fasi che precedevano lo sfondamento della porta di ingresso dell’immobile con un tronco di legno. Michele Idà sarebbe quindi entrato nell’abitazione brandendo un’ascia, mentre Nazzareno Salvatore Emanuele avrebbe esploso dalla pubblica via tre colpi di pistola all’indirizzo dell’abitazione nell’atto della fuga e altro colpo una volta nella camera da letto dell’argentino. Continua a leggere sul Vibonese.it.