«Quanto subito è solo paragonabile a delle vere e proprie torture che venivano riservate solo a schiavi e ai prigionieri di guerra». Legata al letto per tutta la notte, costretta ad uscire sul balcone d'inverno seminuda dopo aver ricevuto un secchio d'acqua fredda, percossa lei e i figli minorenni. Quello che emerge dall'ordinanza di convalida del fermo del “mostro” di Gizzeria sono dieci anni di inferno, quelli vissuti da una giovane 29enne di origini rumene ridotta in schiavitù da Aloisio Giordano, 52 anni. Lo stesso uomo indagato e condannato nel 2000 a cinque anni di carcere per aver sequestrato e violentato per mesi una ragazza di 23 anni costringendola per due volte abortire.

L’Italia, la speranza

Aveva 19 anni. Era il 2007. Pochi soldi e la speranza in Italia di una vita diversa. È così che Giordano riesce ad ingaggiare Mary (nome di fantasia) con la promessa di assicurarle oltre a un lavoro come badante per la presunta madre anche i mezzi economici per far rientro al suo paese. In Romania Mary ha anche un figlio ad attenderla. La speranza svanisce presto. Iniziano gli abusi, le violenze. Inizia l'inferno.

L'inferno nell'inferno, l'orrore vissuto dalla compagna dell'uomo

«Quel viaggio da Lamezia Terme a Falerna fu l'ultimo sereno, mi stavo avviando verso quello che poi in seguito si è rivelato l'inferno della mia vita». È il viaggio che porta la giovane a casa dell’orco. La madre, che presto si rivelò la compagna dell’uomo, è gravemente malata, inizia a raccontarle tutto ciò di cui era stata vittima nei sette anni in cui era stata con Giordano: «Un racconto macabro che mi fece rendere conto di dove era andata a finire». Mary riferisce agli inquirenti di aver assistito alle violenze fisiche e psicologiche verso la donna tutti i giorni. Presto iniziano anche per lei.

«...da qui non andrai via, solo da morta»

Calci, pugni e il divieto di sentire i familiari e di intrattenere qualsiasi relazione con l'esterno. Dalle violenze nascono due figli. «Lui mi diceva che non dovevo più pensare a mio figlio in Romania che quando sarebbe nato il nostro io mi sarei dimenticata dell'altro». Mai una visita ginecologica nel periodo delle gravidanze e costretta quotidianamente ad avere rapporti sessuali. Percosse dopo il parto perché “colpevole” di aver parlato con altre compagne di stanza. È lui stesso a rimuoverle i punti con una pinzetta delle sopracciglie.


È la sceneggiatura di un film dell’orrore quella contenuta nel verbale della ragazza.

Picchiata e torturata

«Ogni volta che facevo in casa qualcosa che non gli era gradita mi legava ai piedi della rete del letto con le mani e i piedi. Mi picchiava con un palo di ferro o di legno per un'ora o due, poi mi lasciava un'intera notte legata senza darmi da bere o da mangiare. Quando non usava un palo di legno usava un cavo elettrico. Una volta mi ha picchiato forte in testa al tal punto da crearmi una ferita che lui stesso ha ricucito con ago e filo da pesca».


Riferisce ancora la donna agli inquirenti che Giordano si era convinto che lei avesse avuto un rapporto con il marito di una donna che si trovava nella sua stessa camera in ospedale dopo il suo secondo parto: «Per quella sua convinzione sono stata picchiata per circa due anni. Tutti i pomeriggi venivo picchiata con ogni oggetto o con calci pugni e schiaffi oppure legata solo per farmi confessare».

Il trasferimento a Gizzeria, il degrado e il terrore

Dopo aver vissuto per un periodo a Falerna e Nocera si trasferiscono in una campagna di Gizzeria. «Sono stata chiusa con mia figlia per intere giornate al buio, costretta a combattere con i topi che tentavano di mangiare il nostro cibo visto». Inutile scappare, «la paura di ciò che mi sarebbe successo se lui mi avesse trovato mi ha sempre terrorizzato».

Le violenze sui figli. La figura materna cancellata

Anche i piccoli subiscono violenze dal padre: «Io qualche volta tentavo di intromettermi per proteggere la bambina. Il risultato era che appena finiva con la piccola iniziava con il bambino più grande. Per Mary è vietato avvicinarsi al figlio: «Non posso fare carezze al bambino pena essere pestata a sangue». Non può accompagnare il bambino a scuola. «Potevo stare in macchina qualche volta ma dovevo stare con il capo abbassato senza farmi vedere. Nessuno doveva sapere della mia esistenza».


La donna e i due figli sono adesso in una struttura protetta.

 

Lui, il mostro di Gizzeria, resta in carcere. «La personalità dell'indagato - scrive il Gip - uomo dotato di uno spietato sadismo è sintomatica di assoluta indifferenza per il valore della vita umana oltre che indicativa di una spiccata, non comune tendenza a delinquere»

 

Manuela Serra