La donna prima di Capodanno è rientrata in Calabria e ha riabbracciato la sua famiglia: «Credevo non li avrei più rivisti». Insieme alla bimba, anche lei dimessa qualche giorno fa, avrà bisogno ancora di cure mediche: «Ringrazio i sanitari di Bari, non li dimenticherò» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Quando ho rivisto mia figlia e la mia famiglia ho provato una grande gioia. Ci sono stati momenti in cui credevo che non li avrei più rivisti». Inizia dalla fine il racconto degli ultimi settanta giorni di calvario. La notte tra il 21 e il 22 ottobre la tragedia che ha stravolto le vite dei sette componenti della famiglia Corasoniti.
Fiamme killer
Una esistenza di certo mai semplice e in precedenza scandita dalle battaglie condotte per veder riconosciuti i diritti del figlio affetto da una grave forma di autismo Saverio, morto per asfissia nell’appartamento di via Caduti 16 marzo assieme ai suoi fratelli Aldo Pio e Mattia Carlo. «Mi sembrava che il fuoco volesse ucciderci, sterminarci tutti» scava nei ricordi di quella notte di fumo e fiamme Rita Mazzei miracolosamente scampata alla tragedia assieme al marito, Vitaliano Corasoniti, e ai due figli Antonello e Zaira.
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Ferite aperte
«Il percorso di guarigione sarà ancora lungo per me e per Zaira». Rita tira lievemente giù la zip della felpa e mostra il groviglio di fasciature che le avvolgono il corpo. Due volte al giorno una infermiera deve cambiarle le bende per evitare infezioni alle ferite ancora aperte sulla schiena. Tira fuori il telefono e accede alla galleria fotografica, con la mano destra bendata sfoglia le immagini della sua convalescenza.
Sulle spalle e sul dorso i segni dell’estremo sacrificio: «La bambina gridava disperata e si voleva buttare di sotto. Ho cercato di trattenerla e l’ho abbracciata per difenderla». Lingue di fuoco intanto si allungavano dall'appartamento fin sul balcone, dove mamma e figlia avevano trovato riparo. La donna fa da scudo con il proprio corpo alla bimba di 10 anni: «Sembrava che l’inferno si fosse scatenato su di noi».
Segni indelebili
Le conseguenze di quel gesto sono ancora oggi visibili. «Io e mia figlia Zaira necessitiamo di cure mediche continue. Io non riesco più a camminare e devo essere assistita in tutto quel che faccio. Sono invalida». Negli occhi verdi un velo di lacrime trattenute: «Vorrei però ringraziare il policlinico di Bari, la rianimazione, i medici e gli infermieri che mi hanno salvato la vita e si sono presi cura di me. Mi hanno lavato, mi hanno nutrita e medicato le ferite».
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Il ricovero a Bari
«Un ringraziamento particolare al reparto di Chirurgia Plastica, al dottor Maggio, al dottor Di Gioia e al dottor Termite e a tutti gli infermieri e ai collaboratori per la grande umanità con cui mi hanno assistito» ci tiene a dire Rita. «Passavo le notti a piangere pensando ai miei figli e a quel che era successo. Mi sentivo da sola ma senza di loro non avrei avuto la forza di lottare e di guarire. Per me sono stati come una seconda famiglia e per questo non li dimenticherò mai».
Il viaggio verso casa
Il momento delle dimissioni è vissuto come un distacco, dopo oltre due mesi trascorsi a stretto contatto. Abbracci e lacrime con tutto lo staff medico e infermieristico e poi il viaggio verso la Calabria, verso casa: «Quando ho rivisto mia figlia e la mia famiglia è stata una grande emozione. Ci sono stati momenti in cui credevo che non li avrei più rivisti» racconta ancora Rita. «Anche se questo dolore mi logora dentro, ho provato una grande gioia nel vedere che sono ancora vivi».
L'inferno in terra
«Sto cercando di essere forte ma non so se ho tutta questa forza dentro di me. Ho fatto tante battaglie però questa cosa è più grande di me». Piange ed è il pianto di chi sa che nulla tornerà mai più come prima. Le fiamme hanno irrimediabilmente corrotto ogni prospettiva futura: «Non so se avrò tutta questa forza» ripete come se le parole da sole potessero servire ad evocare quell’energia di cui oggi avverte un profondo bisogno: «Io ce la metto tutta perché amo da morire la mia famiglia. Ho toccato l’inferno in terra e continuo a vivere l’inferno in terra. Non solo il dolore di aver perso tre figli ma adesso vedere le condizioni cui siamo costrette io e la mia bambina».
Un muro di fumo
Le indagini ora dovranno chiarire quel che è accaduto quella notte. La Procura di Catanzaro ha aperto un fascicolo e affidato una perizia tecnica ad un consulente esperto in impianti elettrici. La relazione potrebbe chiarire se l'incendio si sia originato da un corto circuito sulla linea elettrica o le cause siano riconducibili ad altro. L'unica cosa certa per ora è che il rogo si è propagato dal soggiorno, dove si trovavano anche in ricarica i telefoni cellulari dei due coniugi che non sono riusciti a raggiungerli per chiedere aiuto trovandosi dinnanzi un muro di fumo e fiamme. «C'era un fumo intenso in casa» ricorda Rita. «Li ho chiamati ma senza risposta, non sono riuscita a trovarli».
Notte di Capodanno in un B&B
La notte di Capodanno la famiglia Corasoniti riunita l’ha trascorsa lontano da Catanzaro in un bed and breakfast a Caulonia. La casa in via Caduti 16 marzo distrutta dalle fiamme è sottoposta ancora a sequestro e si attende adesso che un nuovo appartamento di edilizia popolare sia reso disponibile dall’amministrazione comunale che immediatamente si è attivata per individuare una sistemazione alternativa.
«Voglio ringraziare il sindaco e tutta l’amministrazione comunale di Catanzaro per l’impegno che sta dimostrando» spiega Vitaliano Corasoniti che poi aggiunge: «Per ora non siamo riusciti a trovare una casa in affitto nella nostra città e ciò sta impedendo anche un rientro a scuola e un ritorno alla normalità a nostro figlio Antonello». Il giovane dalla notte dell’incendio non frequenta più il liceo scientifico ma non può contare neppure su un sostegno psicologico, dopo il dramma vissuto quella notte.
Cure mediche costose
«Chiediamo pertanto all’amministrazione di accelerare quanto più possibile la procedura per favorire un nostro rientro in città» conclude Vitaliano. A questo ci aggiunge poi l’appello di Rita Mazzei «alla comunità calabrese per avere un aiuto economico per le spese di trasferta che io e mia figlia Zaira dovremo sostenere». Già il 10 gennaio la donna dovrà fare ritorno a Bari per sottoporsi a nuovi controlli. «Le ferite sono ancora aperte e il percorso di guarigione sarà ancora lungo per entrambe».