Tra i 200mila partecipanti al concorso che affollavano le sale della Fiera di Roma per mille assunzioni al Mibact, in tanti venivano dalla Calabria. Stanchezza, polemiche e disillusione nel viaggio di ritorno a casa
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Tante storie quelle che si incrociano sull’intercity Roma-Reggio Calabria, dove tra un pezzo di pane e una fetta di salame tirati fuori dallo zaino per riempire quelle ore di viaggio, si possono osservare ragazzi da soli, altri accompagnati da genitori, amici o fidanzati che si muovono alla ricerca di un lavoro. Accanto a loro, altri ancora che “ragazzi” non sono più poi tanto, gente che alla soglia dei 50 spera ancora in quel posto fisso aspettato da una vita. Storie di calabresi, a cui si può dire solo “In bocca al lupo”.
Accenti meridionali
Una situazione ripetutasi puntualmente anche in occasione dell’ultimo maxi concorso indetto dal Mibact per personale non qualificato. Lunedì 20 gennaio si teneva l’ultima delle nove giornate di preselezione della prima prova indetta lo scorso novembre per l’assunzione a tempo indeterminato di 1.052 persone. E non stupisce certo che tra migliaia di partecipanti spostatisi da tutta Italia, a prevalere siano gli accenti del Sud, di quelle regioni dove la situazione lavorativa, per chi vorrebbe realizzarsi negli ambiti della cultura è arretrata rispetto a quella dei loro coetanei di regioni più fortunate.
Migliaia di calabresi
Tra questi, la parte del leone la facevano i calabresi, mossisi alla volta di Roma con la speranza di entrare a far parte del “personale non dirigenziale con il ruolo di assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza”. Tanti vibonesi, reggini, catanzaresi, crotonesi, nell’esercito di oltre 200.000 candidati provenienti da tutta Italia, prima affollatisi all’ingresso pedonale Est della fiera di Roma, piena periferia, e poi smistati tra i vari padiglioni che ospitavano le postazioni adibite allo svolgimento della prova, a partire dall’8 gennaio.
Le critiche all’organizzazione
Sulle modalità del tutto, non sono mancate le critiche da parte degli stessi partecipanti che, tra una chiacchera e l’altra scambiata a prova conclusa o nei canali social dedicati all’argomento, hanno espresso il dissenso per una prova considerata da molti inadeguata per contenuti e modalità, il cui risultato è determinato dalla fortuna più che dalla preparazione, dalla casualità non omogenea dei quesiti proposti un giorno piuttosto che un altro.
Il treno dei ricorsi
Sul treno, al rientro in Calabria, qualcuno tra i candidati minacciava addirittura il ricorso: e a surriscaldare gli animi arrivava anche il parere di Vittorio Sgarbi che, in un periodo di fermento politico, viste le imminenti elezioni regionali in Calabria ed Emilia-Romagna, dedicava all’argomento un video su Facebook in cui definiva il concorso ridicolo, senza risparmiare parole dure ed espressioni colorite nei confronti dei “Ministeriali” che lo hanno indetto.
Sogni modesti
Lamentele a parte, il concorso nutre comunque le speranze di tanti ragazzi che, “assistente vigilante” o “custode” che sia la prospettiva, vi vedono il sogno di un posto fisso che possa garantirgli un futuro dignitoso, a dispetto degli anni di studi impiegati per conseguire una laurea umanistica. Tutto, a patto di scongiurare il rischio di ritrovarsi poi a casa o, nella migliore delle ipotesi, alle prese con un lavoro part-time che con quella laurea e con quei sogni non ha niente a che fare.
Emanuele Veltri per LaC School